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Le imprese "green" sono più performanti ed affrontano meglio la crisi: lo afferma il XV rapporto "GreenItaly", redatto da Fondazione Symbola, Unioncamere e Centro Studi Tagliacarne col patrocinio del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica. È stato presentato lo scorso 25 ottobre a Roma presso Sala Longhi di Unioncamere: «I dati confermano la concretezza dell'invito del Presidente Mattarella a Bonn e del report di Draghi a fare della transizione verde e della decarbonizzazione un importante fattore di competitività, un'opportunità per rafforzare l'economia e la società- afferma Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola - C'è un'Italia, che può essere protagonista con l'Europa alla Cop29, che si terrà a Baku dall'il al 22 novembre». Presidente Realacci, cosa emerge da questo XV Rapporto? «Si coglie un'accelerazione verso un'economia più a misura d'uomo, che punta sulla sostenibilità, sull'innovazione, sulle comunità e sui territori. Siamo una superpotenza europea dell'economia circolare e questo ci rende più competitivi e capaci di futuro. L'Italia della transizione verde coinvolge già 2 imprese manifatturiere su 5. La burocrazia inutile ostacola il cambiamento necessario, ma possiamo farcela, se mobilitiamo le migliori energie del Paese, senza lasciare indietro nessuno, senza lasciare solo nessuno, come recita il "Manifesto di Assisi", promosso da Fondazione Symbola e dal Sacro Convento: 'Affrontare con coraggio la crisi climatica non è solo necessario, ma rappresenta una grande occasione per rendere la nostra economia e la nostra società più a misura d'uomo e per questo più capace di futuro". Questa affermazione trova i numeri nel rapporto Greenitaly, che cerca proprio nella forza e nella vitalità di una parte dell'economia italiana le radici di un futuro migliore, anche dal punto di vista della competitività. Si può produrre più ricchezza, consumando meno energia e meno materie prime. Del resto, quello che sta avvenendo in questi giorni in Italia è un'avvisaglia di quello che potrà avvenire con più forza in futuro». In quali campi l'Italia risulta leader? «L'Italia si conferma leader sul fronte del recupero di materia, campo in cui il Paese, povero di materie prime, da tempo eccelle. Secondo Eurostat, la capacità nell'avvio a riciclo dei rifiuti totali - urbani e speciali - in Italia ha raggiunto il 91,6% nel 2022, tasso di gran lunga superiore alla media europea, ferma al 57,9%». Come ha evidenziato anche il presidente di Unioncamere, Andrea Prete, il numero di aziende, che investe nel "green" è in continua crescita, in particolare 1'88% mira ad introdurre tecnologie strategiche Net Zero, come il solare fotovoltaico, l'eolico, le pompe di calore, le tecnologie nucleari, le batterie e le tecnologie di rete. Nel quinquennio 2019-2023 sono state 571.040 le imprese, che hanno effettuato eco-investimenti pari al 38,6% del totale ovvero più di 1 su 3. Non solo. Alla fine dello scorso anno le figure professionali legate alla green economy rappresentavano il 13,4% degli occupati totali pari a 3.163 unità. Tra le aree aziendali più interessate sul totale delle attivazioni, troviamo le aree della logistica (incidenza 88,8%), della progettazione e sviluppo (86,7%) e le aree tecniche (80,2%). Nel 2023, su di un totale di quasi 5,5 milioni di contratti previsti nel mercato del lavoro, le competenze e la cultura "green" sono state ritenute necessarie nel 79,4% dei casi». Cremona però non figura tra le 20 province, che hanno effettuato eco-investimenti o tra le migliori per numero assoluto di contratti relativi al green jobs... «No, ma è chiaro il motivo per il quale Cremona non figura nelle classifiche quantitative: perché è piccola». Circa il dibattito, sviluppatosi in modo acceso in Europa, sulla gestione della cosiddetta "transizione verde", cosa ne pensa? «Non basta fare il bene, bisogna anche farlo bene, diceva Diderot. Bisogna avere in mente una direzione e poi applicarla alle differenti situazioni. L'Europa fa i regolamenti, ma non fa politica. La politica la fanno i singoli Stati, spesso lucrando sulle paure e sulle diffidenze. Prendiamo i tre esempi, che spesso vengono fatti, ovvero casa, automobili ed energia. Abbiamo avuto un grande dibattito in Italia circa l'Imu sulla prima casa. Alla fine erano tutti d'accordo per eliminarla. Valeva circa 220o 230 ? a famiglia. Ma i consumi energetici di un appartamento oramai, se sommati, ammontano a circa 2 mila euro a famiglia. Vede, se si fanno politiche ben fatte, tali da ridurre questi consumi energetici e da rinnovare il patrimonio edilizio, si ha un risparmio pari a 5 volte l'Imu e le case valgono molto di più. Stesso ragionamento vale sulla domotica. Che si vada verso l'auto elettrica, non v'è alcun dubbio. A luglio, la Cina, che è ormai il più grande mercato automobilistico del mondo, ha prodotto vetture, che costano meno di quelle tradizionali. Perché? Avrà fatto sicuramente investimenti e aiutato le imprese, ma la cosa più importante sta nel fatto che, in quel Paese, le grandi aziende di settore sono nate specificamente per fare auto elettriche. Così, la Cina, che aveva all'inizio di questo millennio il 5% della produzione automobilistica mondiale, adesso è giunta circa al 33%. Se continua così, nel 2025 avrà il 70%. L'Europa aveva il 35% e adesso si è ridotta al 15. Lo stesso ragionamento vale anche in campo energetico». Quindi non rappresenta un campanello d'allarme il crollo verticale verificatosi in Italia nelle immatricolazioni delle auto elettriche? «No, le auto elettriche adesso costano di più, ma, se si apre il mercato ai cinesi, le cose cambiano. Non a caso anche Meloni sta cercando di far venire le fabbriche cinesi a produrre vetture in Italia. Nel 2025 la metà delle autovetture vendute nel mondo saranno elettriche o ibride. Del resto, l'energia costa meno negli altri Paesi, perché hanno fatto un'operazione: hanno distinto i costi da fonti rinnovabili dagli altri. Così arriva alle imprese un'energia a prezzo più basso. Ma in Italia c'è un incrocio di interessi, che non consente di fare questo». Il presidente di Assolombarda, Alessandro Spada, ha dichiarato che il nucleare è necessali') nel mix energetico italiano ed europeo. Lei è d'accordo? «Adesso si discute del nucleare... Ma il nucleare nel mondo, a parte che è finito o in grande difficoltà, costa troppo. Anche i francesi, che hanno una grande competenza in questo settore, hanno fatto una gran fatica a realizzare l'ultima centrale, costata alla fine quattro volte quanto previsto all'inizio. Nel mondo, l'anno scorso, di tutti i nuovi impianti per la produzione di energia elettrica, l'85% era alimentato da fonti rinnovabili, soprattutto solari, come dettagliato dai dati forniti dall'Agenzia internazionale per l'Energia. Perché? Perché costa meno. Noi dobbiamo saper cogliere i venti favorevoli, aiutare chi possa avere dei problemi e scommettere sul fatto che la capacità italiana di innovare e di produrre bellezza, tenendo saldi i piedi sul territorio, ci aiuta in questi passaggi».

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Rapporto GreenItaly, analisi di Realacci - Mauro Faverzani | Mondo Padano

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