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di Massimiliano Zane, Progettista culturale e consulente in Economia della Cultura

La fotografia vincitrice del prestigioso concorso Sony World Photography Awards 2023, del fotografo tedesco Boris Eldagsen ; il caso di cinque (su 45) finalisti del Premio Pulitzer 2024 ; oppure l’opera letteraria vincitrice del Premio Akutagawa 2024 in Giappone ; o ancora, il ritorno nel 2023 dei Beatles in vetta della classifica britannica dopo 54 anni grazie alla “riunificazione” della band ; fino alla speaker radiofonica malese Aina Sabrina . Cos’è che accomuna tutti questi particolari casi artistici e di creatività sparsi per tutto il globo? Sono tutti accomunati dall’applicazione sperimentale di modelli evoluti di AI (dall’inglese “Artificial Intelligence”) generativa nella loro produzione.

Dalle grandi innovazioni tecnologiche di fine ‘800 e inizi ‘900, la tecnologia al servizio della creatività ha costantemente moltiplicato le sue applicazioni, producendo nel tempo una crescita costante tanto di domanda di contenuti culturali e creativi quanto una parallela moltiplicazione di format e proposte inedite. L’intelligenza artificiale è solo l’ultimo esempio di questa evoluzione a supporto alla creatività umana. Un supporto che ormai si può considerare un elemento pervasivo nella nuova produzione a livello planetario, e grazie al quale le industrie culturali e creative si stano velocemente trasformando da un settore tradizionalmente reattivo a uno proattivo e predittivo.

Volendo citare alcuni degli esempi tra i più innovativi e, in alcuni casi, controversi, di tale contaminazione, iniziamo col trattare due capisaldi della produzione creativa globale: il mondo del fumetto e quello videoludico. Ambiti tradizionalmente votati all’innovazione, in essi tecnologie e tradizione sempre più si tengono assieme grazie al collante dell’AI, sia per quel che riguarda l’ambito dello storytelling e della sceneggiatura di nuove storie, che per crescente possibilità data al pubblico di realizzare autonomamente le proprie visual novel. Nel mondo della produzione “classica” dell’editoria a fumetti, sicuramente va citato il caso di The Abolition of Man (2022), una pionieristica miniserie a fumetti interamente generata da un computer, edito dalla Living the Line Books e dalla Diamond Comics, due case editrici americane di settore. Per quel che riguarda invece il digital comics la AI continua la sua espansione tanto nella sceneggiatura quanto nella grafica, ma soprattutto nel favorire la produzione indipendente di nuove proposte grazie ad innovative piattaforme online che utilizzano proprio modelli avanzati di AI: come con AI Comic Factory, una piattaforma Open Source e personalizzabile in cui le reti generative avversarie (GAN) e l'elaborazione del linguaggio naturale (NLP) sono combinate per produrre tavole di fumetti. Aperte e fruibili dal grande pubblico, queste piattaforme non richiedono approfondite competenze di disegno o di software tradizionali , ed oggi stanno rivoluzionando interi segmenti di mercato nel mondo dei comics.

Nei videogiochi, invece, l’intelligenza artificiale è oggi impiegata per migliorare diversi aspetti dell’esperienza di gaming: come il realismo del gameplay o il dinamismo dell’ambiente di gioco. Nell’era delle console e dei motori grafici Next Gen, è già possibile parlare di “adattamento pensante” dei protagonisti, come con la nuova tecnologia di Ubisoft basata su IA: NEO NPC, che promette di creare personaggi secondari dal comportamento “umano”. Sviluppata in collaborazione con Inworld e NVIDIA, due aziende tecnologiche californiane attive nel mondo del computing basato sui AI e le loro applicazioni nel settore videoludico, la tecnologia presentata nel 2024 dal colosso francese leader nello sviluppo e pubblicazione di videogiochi, punta a stravolgere il settore con l'ausilio delle AI generative più evolute per rendere estremamente realistiche le interazioni tra il protagonista, l’ambiente e i personaggi secondari che popolano gli universi interattivi dei videogiochi di oggi. Oppure, come nella grafica iperrealistica e reattiva: in The Last of Us 2 (2020), sviluppato dalla californiana Naughty Dog, le espressioni facciali dei personaggi non sono decise dai programmatori, bensì̀ da un sistema di intelligenza artificiale che sceglie l’emozione migliore in base al contesto. Inoltre, gli avversari rispondono con strategie sempre più elaborate alle tattiche del giocatore, grazie alla comunicazione che hanno tra di loro.

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L’industria cinematografica è un altro settore da sempre particolarmente votato all’innovazione in cui, fin dai suoi albori, la creatività si è spinta ai confini della tecnologia. E se nel 2020 ha fatto notizia il caso di Erica, un robot guidato da AI scritturato come attore in un film di fantascienza , oggi è l’intera filiera cinematografica che si trova nel pieno di questa rivoluzione: ad esempio, la Century Fox e la Warner Bros stanno già sfruttano l’AI nelle fasi di pre-produzione per analizzare le nuove sceneggiature, scrutando variabili come trama, personaggi e dialoghi. Questi sistemi intelligenti non solo valutano la qualità artistica, ma anche il potenziale successo commerciale di un film (evitando ogni possibile flop al botteghino). Ma l’AI viene già impiegata correntemente anche nella scrittura vera e propria di sceneggiature, capace com’è di esplorare idee non convenzionali e tecniche di narrazione sperimentali. Questo accade sia in film sperimentali e prodotti da studi cinematografici indipendenti di ridotte dimensioni, come ne Il diario di Sisifo (2023), primo lungometraggio al mondo ad essere stato scritto interamente da un modello di intelligenza artificiale, prodotto dallo studio padovano Briefcase Films (Padova) e girato in Friuli Venezia Giulia; ma anche nella produzione di prodotti seriali di grandi player attivi nel mondo della distribuzione e della produzione, dove è necessario combinare in maniera sempre nuova gli elementi di base (personaggi, ambienti, situazioni), come per la serie Mythic Quest: Raven's Banquet (2020) di Apple TV+ in cui, nell’episodio intitolato A Dark Quiet Death, gli sceneggiatori hanno utilizzato un sistema di intelligenza artificiale per generare una trama alternativa, poi integrata nella sceneggiatura finale. Nella post-produzione, poi, l’intelligenza artificiale accelera il processo di editing poiché può ordinare velocemente ore di riprese e riconoscerne modelli ricorrenti, migliorando effetti visivi di luci e inquadrature. Ma la AI trova ampio spazio di applicazione anche nel doppiaggio, andando a correggere termini sbagliati o non consoni a un determinato mercato, risincronizzando il movimento delle labbra e gestendo non soltanto bocca ma anche gli altri lineamenti del volto per un risultato estremamente realistico. In questo senso possiamo citare alcune piattaforme in uso come Vall-E di Microsoft, Papercup dell’omonima startup londinese di doppiaggio AI o Deepdub dell’omonima società israeliana: tutte promettono doppiaggi virtuali adatti a film e serie tv, capaci di riprodurre ogni lingua ed il timbro vocale degli attori proprietari. Per quel che riguarda il marketing cinematografico, invece la AI viene impiegata per la creazione di strategie su misura, identificando i canali pubblicitari più redditizi e nel confezionamento di trailer che identificano i tratti salienti del film in relazione alle attese del pubblico, per un successo garantito. Il primo esempio di questa pratica applicata risale al 2018: il regista Steven Soderbergh ha utilizzato un software di intelligenza artificiale chiamato Lumen5 per creare un trailer del suo film Unsane, prodotto dalla casa di produzione statunitense New Regency Production. O ancora, non si possono non citare le piattaforme digitali di distribuzione di film e serie tv che, proprio grazie all’AI oggi non solo interpretano ma cambiano il modo di guardare i film arrivando a influenzare le nostre abitudini di spettatori. Come fa Netflix (insieme ad altre sigle del settore dell’intrattenimento globale) che impiega l’intelligenza artificiale non solo in analisi e ricerca, o per produrre nuovi contenuti ottimizzati, ma soprattutto per “spingere” alcuni tipi di contenuti in maniera sempre più oculata con trailer targettizzati.

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Ma sono due recenti esperimenti interamente governati dall'IA che potrebbero rappresentare il futuro della serialità televisiva e dei nostri consumi filmici. Il primo è quello della sit-com Nothing, Forever (2022), in onda su Twich e generata e gestita tramite OpenAI's GPT-3 che, nell’intenzione dei produttori della Mismatch Media con sede a Nashville (Tennessee, USA) dovrebbe andare in onda all'infinito in quanto in grado di riscriversi ed aggiornarsi costantemente raccogliendo in tempo reale i feedback degli spettatori online. Il secondo è quello della messa online della piattaforma Showrunner (2024), sviluppata dalla startup francese Fable Sudio, in cui l'intelligenza artificiale permette di creare la propria serie tv totalmente personalizzata, inserendo prompt anche di sole 10-15 parole. Due casi emblematici che spalancano le porte a possibilità per nuove produzioni audiovisive inimmaginabili fino a poco tempo fa.

Sulla stessa linea anche nel settore della musica non mancano applicazioni e novità legate all’uso crescente della AI : utilizzata per musicare testi e definire le melodie, l’uso di questo supporto alla creatività trova applicazione nell’elaborare una gran quantità di parametri musicali (bpm, ritmica, strumentazione, stile etc.) con sistemi di machine learning capaci di generare nuovi passaggi sonori e inedite composizioni musicali. Come nell’album Proto (2019), della statunitense Holly Herndon, considerato al momento, il capolavoro del genere dell’AI music, in cui l’ibridazione tra tecnologia e mente umana è quasi impercettibile. Al limite tra composizione e opera d’arte, invece, troviamo il visionario progetto Kórsafn (2021) della musicista Björk, con una carriera alle spalle che si è sempre contraddistinta per l’apertura alla sperimentazione tecnologica, realizzato in collaborazione con Microsoft: partendo dall’archivio di arrangiamenti corali della cantante islandese, e grazie ad un algoritmo complesso di AI capace di registrare in tempo reale tutte le innumerevoli minime variazioni nel cielo di New York (nuvole, nitidezza, luce/buio, etc.) associandole e mixandole alle sonorità impostate, si è generata una ininterrotta e sempre diversa colonna sonora del panorama newyorkese.

 

Ma è nella produzione musicale indipendente, come nel caso dei comics, che la AI sta rivoluzionando il settore implementando esponenzialmente l’offerta (ed il mercato) creativa e musicale non professionale: un numero crescente di piattaforme online dedicate alla composizione e governate da intelligenze artificiali generative evolute offrono al pubblico inedite opportunità di autoproduzione. In questo senso Flow Machine, software prodotto dal laboratorio di ricerca pura avanzata Sony Computer Science della multinazionale giapponese che unisce scienza, innovazione tecnologica, arte e bene pubblico (4 sedi nel mondo: Tokyo, Kyoto, Parigi e Roma), è senz’altro il più noto di questi potenti generatori, che, in pochi istanti, è in grado di creare melodie, testi o interi brani seguendo le indicazioni impartite da un utente in termini di stile, genere e gusti personali.

Sempre parlando di produzioni, ma passando alle arti performative, l’intelligenza artificiale ne sta cambiando i confini, particolarmente nella danza: analizzando innumerevoli modelli e stili di movimento, l’AI è in grado di generare coreografie sempre più complesse ed innovative. Come nella recente opera della pluripremiata compagnia catalana Agrupaciòn Señor Serrano: Una isla (2023). In questo caso i registi catalani hanno co-creato la scrittura drammaturgica dialogando con chatGPT3 (sistema basato su AI e machine learning), consapevoli della nascita di una dimensione nuova di comunità, in cui uomo e macchina convivono in un ecosistema ibrido. O, ancora, con la realizzazione di spettacoli interattivi, in cui l'AI reagisce in tempo reale ai movimenti dei performer creando elementi visivi o musicali che si armonizzano perfettamente gli uni con gli altri, come nella nuova opera della svizzera Nicole Seiler, Human in The Loop (2023).
Ed a proposito di nuove possibilità di produzione, anche nelle arti visive l’utilizzo della AI non riguarda più solo l’uso di un mero strumento tecnico passivo: oggi l’intelligenza artificiale è un elemento attivo e nodale dell’intero processo creativo ed artistico che diviene così ibrido. Come nel progetto in “divenire” A Woman with the Technology (2019), dell’artista cinese Ziyang Wu in cui, sulla base di una serie di parole chiave predefinite, le attività di ogni giorno dell’artista vengono monitorate e registrate dando vita ad un flusso di video su tre canali. Successivamente gli elementi codificati nei video vengono utilizzati da un agente AI per generare la sceneggiatura di un video di animazione, dove tutti gli elementi del processo vengono spettacolarizzati in un prodotto infinito che trae origine dalla vita quotidiana dell’artista per interagire con l’universo surreale, caotico e onirico immaginato dalla macchina. O come le Data Sculpture Visualization del turco Refik Anadol, in cui l’artista mixa rilevazioni di elettrocardiogramma su soggetti volontari registrandone le reazioni emotive generate dalla memoria di particolari eventi, passandole poi a ad un algoritmo che produce affascinanti videomapping che rappresentano l’addensarsi delle memorie personali; o, ancora, nel lavoro di Ryoji Ikeda, compositore-artista giapponese che presenta videoinstallazioni in cui l’AI gestisce la spettacolarizzazione integrata di un flusso ininterrotto di dati numerici, testuali, visuali e sonori che avvolgono lo spettatore in un ambiente immersivo.

Come per tutti i grandi rivolgimenti tecnologici, anche nel caso dell’applicazione dell’intelligenza artificiale al sevizio della creatività, le reazioni sono diverse: da un lato va registrata un crescente timore rispetto a tutte le implicazioni che il tema ha in termini di difesa dei diritti d’autore e di rischi economici e sociali di numerose categorie di lavoratori e professionisti dei settori coinvolti. Dall’altro lato, tuttavia, gli esempi raccontati dimostrano che il dialogo tra AI e industrie culturali è ormai in atto da tempo, generando interessanti e complesse esperienze di sperimentazione. Un viaggio affascinante appena iniziato ed in continua evoluzione, in cui l’intelligenza artificiale è più che pronta ad essere co-protagonista. E noi possiamo dirci altrettanto pronti?

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