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Il futuro abita in un capannone nella zona industriale di Ascoli Piceno. Dodicimila metri quadri, parte di un complesso molto più grande, dove prima si produceva l'alluminio e poi tutto è andato alla malora. «A settembre spiega Stefano Panichi, costruttore molto noto nella zona - partiremo con il pellet e con l'arredo per i mobili». Apre anche una segheria e si mette in moto una filiera che solo cinque anni fa pareva fantascienza. E invece l'età del legno potrebbe essere la nuova età dell'oro per vaste aree del Cratere, alle prese con la ricostruzione dopo la devastante sequenza di scosse del 2016. È un paradosso che riguarda non solo le aree colpite dal terremoto ma un po' tutto il Paese: i boschi ricoprono il 40% del territorio italiano (e addirittura il 70% dell'area del cratere sisma 2016). Ma siamo i primi importatori di legna da ardere del mondo e tutto il comparto, vanto del Made in Italy, si regge all'80% sulle importazioni. E però siamo i terzi al mondo nell'arredo legno, dopo Cina e Vietnam. Qualcosa non quadra. C'è da svegliare il grande addormentato nel bosco, insomma deve affiorare una consapevolezza nuova: non siamo circondati da una natura ostile ma abbiamo intorno a noi un tesoro inestimabile. Un patrimonio che potrebbe cambiare il destino di queste regioni, schiacciate dal sisma, e condannate ad un lento declino e spopolamento. «Per la prima volta - spiega Fabio Renzi, segretario generale della fondazione Symbola - abbiamo la materia prima ma anche un mercato in straordinaria espansione: la legna, anche quella dell'Appennino che prima si trovava solo nei camini e nei forni per la pizza, ora diventa preziosa per l'industria del mobile, per l'edilizia, che scopre le virtù di questo materiale elegantissimo e sostenibile, per il pellet. È un'occasione storica, anche perché il cambiamento culturale e economico di queste regioni poggia su un terzo pilastro: per la prima volta abbiamo una legislazione che non è soffocante e non vieta ma promuove l'utilizzo virtuoso del bosco». Gli astri si stanno allineando. La legna dell'Appennino con l'aiuto delle tecnologie più avanzate e recenti viene sdoganata e promossa, diventa interessante per parquet, solai, tavoli. E poi naturalmente per il pellet. C'è un altro distretto del legno che sta nascendo a Cessapalombo nel Maceratese. Qui si avvierà la produzione del pellet e la notizia ha provocato i primi risvegli: i piccoli proprietari di boschi, che nemmeno sapevano più di avere quelle terre, chiamano e chiedono notizie. La quercia e il faggio possono giocare in serie A come l'abete e il larice. Se si pensa alla ricostruzione il tema diventa in prospettiva rivoluzionario. Ecco dunque l'ordinanza del Commissario Straordinario Guido Castelli che segna un cambio di passo: un bonus del 10% sul contributo per la realizzazione di strutture portanti in legno negli ottomila chilometri quadrati del cantiere più grande d'Europa. Siamo nel laboratorio di un'economia circolare che può davvero invertire il trend negativo che si verifica ormai da decenni in tante zone di montagna del nostro Paese. «La rinascita di queste comunità - spiega Castelli - deve partire soprattutto dai valori espressi dal territorio, di cui il bosco rappresenta una caratteristica predominante». E ancora: «Così possiamo favorire la creazione di nuova occupazione, uno sviluppo sostenibile e al contempo migliorare il controllo del territorio, rendendolo meno fragile». «Ci auguriamo che un provvedimento di così grande rilevanza segni uno spartiacque, anche culturale - osserva Claudio Feltrin, presidente di FederlegnoArredo- . Prevedere un incentivo del 10% per chi sceglie il legno per la ricostruzione degli edifici, significa riconoscerne il valore, quale materiale naturale in grado di coniugare alte prestazioni di sicurezza, resistenza sismica, efficienza energetica e innovazione». Paolo Pigliacelli, della Struttura Commissariale, ipotizza almeno 4mila nuovi posti di lavoro. E il recupero di attività e mestieri, basti pensare ai boscaioli, che si sono persi nel tempo, quando le campagne si spopolavano e il modello, riproposto ossessivamente come un mantra, era quello delle grandi industrie. «Grazie alle nuove tecnologie - aggiunge Pigliacelli - è possibile utilizzare, oltre alle conifere delle Alpi, anche le latifoglie dell'Appennino per l'edilizia, l'arredo e il pellet». I giapponesi hanno mandato in orbita un satellite di legno, LignoSat. Nel Cratere si rimane con i piedi per terra, ma si aprono scenari inediti e sorprendenti: a Tufo, una frazione di Arquata del Tronto, si sta progettando un sistema di teleriscaldamento che funzionerà bruciando pellet ad alta efficienza calorica. I rischi per l'ambiente, paventati dagli esperti, in realtà non esistono: sviluppo e rispetto della natura possono non solo convivere, ma andare a braccetto. Attualmente l'Italia utilizza solo il 20% dell'accrescimento annuo dei boschi contro una media europea del 50% che in Svezia arriva addirittura al 90 per cento. C'è spazio per far crescere le nostra filiera, senza scardinare quello scrigno del 40%, raddrizzare la nostra bilancia commerciale in rosso ogni anni per 5,9 miliardi, e salvaguardare le nostre meravigliose foreste.

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Così l'Appennino arreda il suo futuro - Stefano Zurlo | Il Giornale

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