Uno dei pensieri di Adriano Olivetti che mi piace spesso ricordare è il seguente: «La bellezza, insieme all'amore, la verità e la giustizia, rappresenta un'autentica promozione spirituale. Gli uomini, le ideologie, gli stati che dimenticheranno una sola di queste forze creatrici, non potranno indicare a nessuno il cammino della civiltà». La bellezza e la cultura sono elementi essenziali per lo sviluppo e la crescita delle civiltà e per noi italiani sono aspetti identitari radicati sia nella società che nell'economia. I popoli e i territori hanno l'urgenza di cultura, sia perché essa è un ottimo strumento di pace e sia perché è un fondamentale strumento economico, generatore di lavoro e di impresa. È di questi giorni la notizia della presentazione dei dati forniti dal Rapporto Symbola «Io sono Cultura», esposto a Roma al Museo MAXXI, dal quale si evince che il sistema produttivo culturale e creativo Italiano ha avuto tra il 2020 e il 2021 un incremento del valore aggiunto del 4,2%. La foto del 2021 restituisce un sistema che dà lavoro a 1,5 milioni di persone che producono ricchezza per 88,6 miliardi di euro, di cui 48,6 miliardi generati dai settori culturali e creativi e altri 40 miliardi generati dai professionisti culturali e creativi attivi. Ma il dato ancora più interessante è che le attività culturali e creative attivano valore anche in altri settori dell'economia, a partire dal turismo, dai trasporti e dalla manifattura, facendo arrivare complessivamente l'impatto della cultura e della creatività a 252 miliardi di euro, con un'incidenza sull'intera economia italiana pari al 15,8%. Dice Ermete Realacci, Presidente della Fondazione Symbola: «L'Italia deve essere protagonista di un nuovo Bauhaus, fortemente voluto dalla Commissione Europea per rinsaldare i legami tra il mondo della cultura e della creatività e i mondi della produzione e della scienza e della tecnologia orientandoli alla transizione ecologica indicata dal Next Generation. L'Italia produce valore e lavoro puntando sulla cultura e sulla bellezza». Realacci, giustamente, mette in evidenza il Nuovo Bauhaus Europeo che, ispirandosi alla storica scuola di arte e design del XX Secolo, intende agevolare la genesi di un nuovo movimento, una piattaforma collaborativa costituita da architetti, ingegneri, artisti, scienziati, designer, e chiunque desideri contribuire, che possa trainare il Green Deal, in maniera innovativa e antropocentrica in cui le parole chiave sono: bellezza, sostenibilità e inclusione. Dunque una nuova politica europea impegnata a sostenere il concetto di "bellezza" come proprio talento peculiare, che punta alla qualità urbana e a alla cura del bene comune, alla conservazione dei paesaggi e al benessere dei cittadini, andando al di là della dimensione materiale. Ed in questo nuovo contesto mi piace sottolineare quanto l'Italia sia storicamente primo player internazionale in ambito dei beni culturali, del genio e della creatività umana. Diversi studi accademici stanno dimostrando che l'arte può essere un ottimo strumento di innovazione per le imprese e i territori, perché l'artista «è una finestra sul futuro»; con l'arte è possibile allenare le percezioni; l'arte aumenta la sensibilità per ciò che accade attorno alle persone, nella società e nella cultura. Le arti hanno il potere di rappresentare e influenzare la cultura di una comunità. Dunque a mio avviso l'Italia merita una classe politica che sappia mettere ai primi posti questi argomenti. Da segnalare l'interessante documento "Cultura è futuro" prodotto da ArtLab, una piattaforma dedicata all'innovazione delle politiche e delle pratiche culturali, che raccoglie 22 proposte di intervento per la prossima legislatura che si concentrano su cinque aree tematiche prioritarie: interventi normativi, investimenti e misure, lavoro, riequilibrio territoriale e creatività contemporanea. Mi auguro che il prossimo Parlamento sia sensibile a queste tematiche e che sia attento alle potenzialità dei singoli territori. *Ingegnere, fondatore e amministratore della società di architettura, ingegneria, design e comunicazione.
Giuseppe Fanelli | La Gazzetta del Mezzogiorno