Per lei quella di Angelantoni non è solo la storia di un’importante realtà industriale italiana, ma è anche la storia di famiglia. Come è nato e come è cresciuto il Gruppo Angelantoni?
Il Gruppo, che ha festeggiato nel 2022 i 90 anni di attività, è stato fondato a Milano da mio nonno, umbro di origine ma emigrato come molti in quegli anni al Nord per cercare opportunità di lavoro. Dopo aver avviato il proprio business incentrato sulle tecnologie del freddo nel 1932, nel 1967 decide di tornare in Umbria, a Massa Martana, aprendo inizialmente quella che doveva essere soltanto una filiale. In realtà, nel giro di 10 anni, l’intero baricentro aziendale viene trasferito in Umbria. Nel tempo, attraverso acquisizioni e la fondazione di nuove imprese, l’azienda diventa un Gruppo che controlla realtà industriali in Germania, Francia, India e Cina. Oggi, nelle varie realtà che lo compongono, il Gruppo Angelantoni conta circa 500 dipendenti.
Quali sono i business del Gruppo?
La primissima azienda fondata da mio nonno Giuseppe si chiamava Frigoriferi Angelantoni. Il core business è quindi, da sempre, quello delle tecnologie del freddo, che però si applicano a diversi settori. Il più importante, quello storico, è relativo alle prove per camere ambientali. Si tratta di apparecchiature che riproducono condizioni climatiche e ambientali particolari o estreme, per testare la resistenza di prodotti e componenti meccaniche. Lavoriamo soprattutto con l’automotive, le telecomunicazioni e le tecnologie per l’aerospazio. Per capirci, realizziamo simulatori spaziali in grado di riprodurre sulla terra le condizioni climatiche estreme dello spazio. In questo senso operiamo nel mondo come solutions provider, realizzando camere su richiesta per specifiche applicazioni. Quando nel 1991 è stata scoperta la Mummia del Similaun, nota anche come Ötzi, l’individuo di sesso maschile dell’Età del Rame (3300 - 3100 anni a.C) rinvenuto in perfetto stato di conservazione su un ghiacciaio al confine tra Italia e Austria, il Museo archeologico dell’Alto Adige di Bolzano ci ha commissionato la camera climatica all’interno della quale è conservata la mummia. In quel caso abbiamo dovuto riprodurre, con la massima precisione, le condizioni di umidità e temperatura tipiche del ghiacciaio in cui fu rinvenuto Ötzi, ma ovviamente senza il ghiaccio per permettere ai visitatori di poter osservare la mummia. Un’altra business unit si occupa invece delle tecnologie del freddo applicate alla conservazione di materiali biologici e farmaceutici, che realizza congelatori per ospedali e centri di ricerca. Abbiamo prodotto noi i congelatori per i vaccini Pfizer e Moderna durante la pandemia. Recentemente, invece, abbiamo aperto al settore delle rinnovabili.
Con quali tecnologie e prodotti siete entrati nel business delle rinnovabili?
Con Archimede Solar Energy produciamo i tubi ricevitori per centrali solari termodinamiche. Si tratta di una tecnologia che non si applica come il fotovoltaico all’ uso domestico, ma alle grandi centrali solari che sostituiscono quelle termoelettriche. In alcune aree del mondo questa tecnologia viene impiegata per ibridizzare grandi impianti a turbogas preesistenti, fornendo la componente rinnovabile data dall’energia solare, diminuendo l’impatto ambientale dei combustibili fossili. La produzione dei tubi ricevitori, che attualmente è tutta italiana, nel tempo sarà spostata in parte in Cina per una coproduzione italocinese.
Come è organizzato il gruppo per quanto riguarda la ricerca e lo sviluppo?
La capogruppo fornisce i servizi trasversali: risorse umane, assistenza legale, Information Technology. Dopodiché ogni azienda, sotto un coordinamento generale, ha la sua unità specializzata nelle ricerche su specifiche tecnologie, anche portando avanti partnership con altre aziende, università o centri di ricerca. Per Archimede Solar Energy, per esempio, è stata fondamentale la partnership con ENEA, con la quale abbiamo collaborato per più di 15 anni.
Dalla ricerca e sviluppo in partnership con le università è nata Turboalgor, un’innovazione che vede l’applicazione di una tecnologia per l’automotive applicata alla refrigerazione. Può spiegarci come funziona e che vantaggi può portare?
Per comprendere l’innovazione portata da Turbolagor bisogna prima spiegare un’inefficienza che ad oggi è tipica di tutti i sistemi di refrigerazione. Poiché la valvola di espansione presente in tutti i frigoriferi porta il liquido refrigerante da una pressione più alta a una pressione più bassa, in questo passaggio una parte dell’energia viene perduta. Turboalgor riesce a recuperare una parte consistente di questa energia attraverso l’utilizzo di una turbina (per i refrigeranti HFC o HFO o il Propano) e di un Free Piston Expander (per la CO2), che precomprime il fluido, in uscita dall’evaporatore, prima che entri nel compressore frigorifero, facendo lavorare di meno quest’ultimo. L’energia risparmiata dà efficienza al sistema. I valori di risparmio che Turboalgor riesce a fornire sono tra i più alti oggi disponibili sul mercato, a parità di condizioni operative. Non solo: nel momento in cui questo fluido viene precompresso, aumenta anche la potenza frigorifera dell’apparecchio. Il vantaggio è quindi duplice. Il progetto è iniziato oltre 10 anni fa, in collaborazione con l’Università degli Studi di Roma Tre, per quanto concerne la turbina ed in maniera autonoma per quanto riguarda il FPE. La turbina, derivata concettualmente dal turbocompressore dei motori delle automobili, ha consentito quindi per la prima volta di portare una tecnologia del mondo dei motori a quello della refrigerazione. L’idea, che è nata dalla nostra R&S, ha portato a tre brevetti internazionali di cui la stessa Turboalgor è proprietaria.
A quali settori si applica questa innovazione? E che vantaggi offre da un punto di vista competitivo e per l’ambiente?
La prima applicazione è quella della catena del freddo, quindi della logistica per supermercati e aziende alimentari, ma anche per il settore farmaceutico. Altra applicazione, già brevettata, testata e attualmente in fase di pre-industrializzazione, è quella relativa al condizionamento industriale, per strutture come grandi centri commerciali, resort e alberghi o grandi siti industriali. Per comprendere i vantaggi industriali e ambientali della tecnologia di Turboalgor bisogna partire dai dati. A seconda del tipo di liquido refrigerante utilizzato dalla macchina a cui viene applicata, la tecnologia offre fino al 23% di risparmio energetico, mentre l’aumento della potenza frigorifera può arrivare fino al 50%, addirittura 55% in alcuni casi. Più sono ampie le differenze tra le temperature di freddo da raggiungere e le temperature esterne, più Turboalgor assicura risparmio ed efficienza. Tradotto in termini ambientali, la tecnologia di Turboalgor ha un potenziale incredibile per quanto riguarda la decarbonizzazione. La refrigerazione domestica e industriale, insieme agli impianti di condizionamento, è responsabile del 10% delle emissioni di CO2 a livello mondiale, ovvero 5 miliardi di tonnellate di anidride carbonica. Potenzialmente, quindi, se la tecnologia venisse applicata su tutti gli impianti di refrigerazione e condizionamento del mondo, si avrebbe un risparmio di 500 milioni di tonnellate di CO2. Tra le realtà industriali che già utilizzano Turboalgor, si segnalano aziende come Fiorucci per il comparto food, Acs Dobfar per il settore farmaceutico e il Gruppo Stef per la logistica.
Quello della decarbonizzazione e della sostenibilità ambientale è un tema cruciale per il vostro settore, quello della refrigerazione. Come siete organizzati, quali misure avete adottato come Gruppo?
Quest’anno siamo partiti con il primo report di sostenibilità sugli standard GRI su base volontaria, pur non avendo l’obbligo di rendicontazione. Ma l’impegno è iniziato già nel 2005, quando abbiamo installato una centrale a biomasse, rendendo totalmente autonomo il nostro capannone industriale per quanto riguarda l’energia termica. Oltre a questo, abbiamo 5 impianti fotovoltaici distribuiti sui vari capannoni produttivi. Per quanto riguarda la sostenibilità sociale, invece, siamo un Gruppo molto radicato sul territorio, seguendo il percorso di mio nonno che da Milano decise di tornare in Umbria. Grazie alle collaborazioni con istituti tecnici superiori, con i quali abbiamo strutturato un percorso formativo ad hoc sulla refrigerazione industriale, riusciamo a formare ragazzi che trovano così opportunità di occupazione in azienda, senza dover lasciare l’Umbria.