Dalla fine della pandemia – che rimane tuttora un crinale del quale tenere conto – l’andamento dei flussi turistici è sotto la lente preoccupata dei professionisti e delle imprese, che ripongono non poche speranze in una ripresa massiccia di partenze e arrivi. A leggere le statistiche degli ultimi due anni, si può prendere atto che i numeri sono incoraggianti. Quello che i numeri non dicono (forse anche perché nessun glielo chiede) è il mutamento piuttosto radicale nella concezione stessa del viaggiare. Fra il dopoguerra e la fine del ventesimo secolo, era tutto un evadere in cerca di luoghi ed esperienze surreali ma capaci di farci distrarre da un quotidiano che, con tutta evidenza, non era poi così soddisfacente. Il nuovo millennio ha registrato una spinta crescente all’esplorazione, all’esperienza, alla condivisione. Poi ha fatto irruzione la pandemia, che ha drammatizzato ed enfatizzato segni di obsolescenza e stanchezza che si potevano già intravvedere; soprattutto, ha messo in discussione il nostro rapporto con il tempo e con lo spazio, riversandone questioni e desideri sul nostro approccio al viaggiare.
Nel settembre 2023, a Riyad, il World Tourism Day ha celebrato il recupero degli arrivi, che per l’anno 2023 toccano fra l’80% e il 95% delle cifre pre-pandemiche2. Mettendo a fuoco le intenzioni, emerge che due terzi dei viaggiatori prediligono luoghi familiari, e che simmetricamente le destinazioni poco conosciute perdono progressivamente terreno. La differenza (se si vuole, il diverso grado di diffidenza) sembra emergere da una lettura inevitabilmente selettiva del viaggiare, che si colloca in modo piuttosto binario tra chi preferisce “staccare la spina” e chi segue la curiosità.
Una possibile risposta a questa radicalizzazione delle pratiche turistiche è offerta dall’iniziativa di comunicazione Tourism Open Minds[1] , volta a sensibilizzare organizzazioni turistiche di ogni tipo e turisti rispetto all’impatto dell’over-tourism. Attraverso un toolkit e delle linee guida UNWTO intende promuovere l’intensificazione dei rapporti interculturali e al tempo stesso il perseguimento della sostenibilità ambientale. Obiettivo del progetto è di rendere più accattivante la narrazione delle destinazioni meno conosciute che vorranno aderire all’iniziativa, enfatizzandone la capacità di accoglienza, l’accessibilità e soprattutto l’offerta di culture inedite e poco frequentate dal turismo mainstream.
In questa cornice, che finalmente affronta le questioni da una prospettiva strategica, si inquadra l’accordo tra Airbnb e l’Associazione dei Sindaci delle zone rurali francesi. Nel 2019 la multinazionale degli affitti brevi aveva già donato 5,6 milioni di euro per rivitalizzare il turismo culturale dei piccoli centri, nell’ambito del programma Patrimonio e turismo locale che mirava a ristrutturare edifici storici nelle aree rurali, promuovendo tanto la messa a valore degli edifici quanto l’azione delle comunità locali, e creando in questo modo nuove opportunità economiche. In questi anni, Airbnb ha offerto agli host di questi villaggi il sostegno tecnico per il finanziamento della ristrutturazione edilizia e per azioni di marketing, formazione e adeguamento tecnologico. Dal 2019 le prenotazioni in questi luoghi sono cresciute del 50%, con la domanda per la Bretagna doppia rispetto a quella per Parigi[2]. Questa esperienza francese segue un progetto del tutto simile, sia negli obiettivi che nella capacità di coinvolgere le amministrazioni locali, che Airbnb mise in atto in Italia a partire dal 2017 (Borghi Italiani).
Alla lettura strategica di Airbnb si contrappone, non soltanto in Francia, la resistenza delle amministrazioni municipali che in alcuni casi, inclusi gli stessi comuni che avevano partecipato al progetto francese di Airbnb, provano a limitare gli affitti di breve durata anche per porre un argine al drenaggio di abitazioni registrato negli ultimi anni; fra le opzioni adottate, la fissazione di quote che compensino gli affitti brevi destinando al lungo periodo unità di alloggio per ciascuna unità affittata su Airbnb. Si tratta di un dilemma legato al contrasto tra turisti e residenti, e in qualche misura accentuato dalla ricorrente mancanza di strategia in capo all’amministrazione locale, che resta intrappolata in un orizzonte temporale contenuto (la durata del mandato elettorale) e nell’urgenza di mantenere il consenso presso una comunità sempre più articolata e variegata.
I viaggiatori sembrano (finalmente) stanchi del turismo convenzionale. È una reazione comprensibile, forse anche per l’eccesso di informazioni e condivisioni che hanno finito per agire da spoiler nei confronti della curiosità e del desiderio di scoprire: l’inflazione sottrae valore, anche se si tratta di immagini. La scelta di molti viaggiatori tende, dunque, a orientarsi verso mete da loro stessi definite “meno contaminate” (il termine andrebbe interpretato come “meno affollate”). Per esempio, Paros prevale su Santorini: siamo sempre nelle Cicladi e il paesaggio è più o meno lo stesso, al netto dell’evidente scenario vulcanico che a Paros inevitabilmente manca; è la pressione turistica a indirizzare la scelta, generando inconsapevolmente anche effetti distributivi più equilibrati, con beneficio per i proprietari di casette, i ristoratori e i commercianti in generale. Per quanto l’attrattore di fondo possa sembrare il mare, va sottolineato come le isole dell’Egeo sono uno scrigno di architettura, cultura e patrimonio intangibile, principale richiamo per i viaggiatori.
Anche in Cina è cresciuto l’interesse per le aree interne[3], anche per effetto della clausura pandemica che ha risintonizzato la scala delle priorità per un esercito di turisti dimensionalmente inarrivabile, e fino a pochi anni fa diretto in massa verso mete piuttosto oleografiche come la Thailandia o la Francia. La scelta del turismo rurale, un turismo di aree non urbane, tipicamente legato alla scoperta delle tradizioni e delle culture locali, va ascritta alla stabilizzazione della classe media e della sua crescente consapevolezza come strato sociale. Sono quattro i borghi cinesi premiati nell’ambito del Best Tourism Villages della sezione Turismo ONU.
Vicino alla riserva della biosfera di Niubeiliang si trova Zhujiawan, in cui l’obiettivo dello sviluppo turistico è la partecipazione dei visitatori alla narrazione culturale locale. Nel quadro di questa strategia, il villaggio e la sua comunità stanno promuovendo e riqualificando il patrimonio culturale antico e le pratiche culturali immateriali, come l’artigianato, attraverso il restauro di dimore storiche e la realizzazione di festival, attività che si offrono alla fruizione e alla partecipazione dei visitatori.Nella provincia di Gansu, un territorio montano ricco di conformazioni di origine glaciale, il villaggio di Zhagana è impegnato a salvaguardare il proprio ricco patrimonio culturale e naturale, inclusa l’antica architettura e le tradizioni folkloristiche legate alla cultura tibetana e buddhista, nonché alle pratiche agricole e forestali. I prodotti artigianali locali sostengono l'economia e promuovono la sostenibilità.La conservazione del patrimonio culturale intangibile, come le opere locali e le tecniche di produzione del tè, è al centro dell'attenzione a Xiajiang, villaggio della provincia di Zhejiang, con vibranti spettacoli ed esperienze coinvolgenti e la nascita di piccole imprese creative capaci di integrare l’esperienza turistica finora concentrata sull’ecologia e sulla tradizione. Questo non solo preserva le tradizioni, ma alimenta anche lo sviluppo economico e sociale del villaggio. In questo modo il turismo attrae professionisti qualificati, trasformando l'economia, che era dominata dalla sola agricoltura, in una combinazione dinamica di agricoltura, cultura e turismo. Questa trasformazione ha creato nuove opportunità di lavoro, portando 107 esperti nel villaggio per contribuire alla rinascita rurale.Nella provincia orientale di Jiangxi, la pittoresca cittadina di Huangling si sta impegnando nella protezione di edifici storici e del patrimonio culturale intangibile. Questo sforzo conservativo, guidato dallo studio di architettura Wuyuan Village Culture Media Co., rispetta in modo coerente il ricco lascito del villaggio, e al tempo stesso alimenta una notevole crescita del turismo. L’obiettivo è la prosperità condivisa, creando opportunità di lavoro, accrescendo le vendite di prodotti locali e migliorando le infrastrutture rurali.Il turismo agisce così da catalizzatore, portando benefici alla comunità locale e migliorando il benessere generale. Eventi come il Sunbathing Culture Festival, incentrato sull’essicazione del peperoncino e capace di ridisegnare la scala cromatica del villaggio grazie all’esposizine di grandi ceste sui balconi, e l'International Tourism Village Chief Summit hanno attirato migliaia di visitatori, promuovendo lo scambio culturale e lo sviluppo turistico sostenibile grazie a un’offerta culturale che ha combinato performance tradizionali con la danza “Quanhui” elaborata da secoli dalla cultura Wuyuan, le cerimonie del tè e scambi creativi con artisti di Champigny-en-Beauce (Francia) e Crowstone Village (Ungheria).
La rilevanza dell’esplorazione e della scoperta come snodi di fondo per le scelte dei viaggiatori contemporanei può indurre a superare la profilazione generazionale come chiave di lettura delle intenzioni e delle pratiche turistiche. Certo, restano tuttora aree tematiche importanti (si pensi per tutte al turismo religioso), ma si può osservare che una possibile tassonomia della galassia turistica potrebbe basarsi, in modo piuttosto eloquente, sul grado di impegno che si colloca tra la convenzionalità passiva del turismo di massa a un estremo, e il desiderio di “improvvisare” percorsi inediti in tempo reale all’estremo opposto. Nel quadro della politica culturale dell’Unione Europea, si può sottolineare la recente centralità del turismo trainato dall’industria creativa e culturale all’interno delle strategie di investimento per lo sviluppo e l’innovazione locale Smart Specialisation Strategies (RIS3), che si riflette in misura significativa sulla strategia di alcune regioni europee, che hanno accentuato la priorità del ruolo che le ICC possono svolgere ai fini dello sviluppo territoriale. In Italia si sono mostrate molto attive in questa direzione Campania, che punta a favorire innovazione trasversale ai settori ICT, ICC (in particolare l’industria tessile) e architettura sostenibile, e Abruzzo, che punta all’innovazione di processo e prodotto nel settore del design per l’industria della moda, con attenzione allo sviluppo di nuovi materiali ma anche alla sostenibilità sociale all’insegna del concetto di design per tutti. In Portogallo è stato l’Alentejo a potenziare l’azione pubblica inserendo tra le priorità di politica industriale Patrimonio, Industria Culturale e Creativa, Servizi per il Turismo. Qui Anche la Catalogna ha posto molta attenzione verso l’integrazione dei sistemi culturale e turistico, favorendo la crescita territoriale anche grazie a una più incisiva presenza della dimensione digitale come snodo di raccordo tra offerta e domanda, enfatizzando l’incisività dell’azione pubblica come supporto tecnico e materiale e superando la logica dei contributi a pioggia. Qui, la strategia della politica pubblica lega il settore culturale a quello dello sport e del tempo libero e persegue l’obiettivo di estendere il concetto di smart city all’intera regione, come si evince dal programma SmartCatalonia. Sempre in Spagna, la Navarra ha concentrato l’attenzione per le ICC sull’industria audiovisiva, sistematizzando al tempo stesso la strategia volta al turismo sostenibile[4].
Il turismo, quindi, si reinventa come opportunità di sviluppo sostenibile, attraverso strategie che puntano alla riscoperta di luoghi dimenticati per creare valore in questi territori ma anche per ridurre la pressione turistica nei territori sovrasfruttati e il consumo di risorse naturali. E proprio su questo concetto sono state scelte le 3 Capitali Europee della Cultura 2024: Bad Ischl-Salzkammergut (Austria), Bodø (Norvegia) e Tartu (Estonia).
Per la prima volta, un borgo di 14 mila abitanti in un’area alpina e rurale, Bad Ischl-Salzkammergut, è stato designato Capitale Europea della cultura. Lo slogan della campagna è La cultura è il nuovo sale perché sale, acqua e legno sono i tre elementi fondanti del territorio. Con più di 180 progetti, nel borgo di Bad Goisern artisti contemporanei provenienti da tutto il mondo lavoreranno con gli artigiani locali ed esporranno le opere al museo centro culturale Hand.Werk.Haus. Inoltre, è in progettazione un museo virtuale che consentirà agli spettatori di immergersi in 7mila anni di storia del sale.
In Norvegia, Bodø2024 sarà il più grande progetto culturale mai realizzato in questa regione remota. Tra le numerose iniziative, rappresentativa è The Trail Way, che ha l’obiettivo di promuovere la cultura e la natura lungo la Nordland Line. Il progetto ha preso il via con War Travels, in collaborazione con il Nordland Theatre, in cui il pubblico può sperimentare un'immersione artistica e territoriale nelle storie di guerra della Norvegia settentrionale associate ai luoghi che si attraversano lungo la Nordland Line. O ancora, il progetto Leaving Nothing But Footprints, che esplora l'arte e le performance in luoghi vulnerabili e ha la sua massima rappresentazione con il concerto del sassofonista Håkon Skog Erlandsen nella grotta sommersa Pluragrotta, dove tutti i musicisti, i tecnici e il pubblico sono sub accreditati. Infine, il progetto Feeding Europe, pensato per mappare il cibo artico per creare nuove “rotte” alimentari e valorizzare le tradizioni locali nell’ambito del quale sarà organizzata anche una serie di road-show gastronomici con la partecipazione di affermati ristoratori norvegesi.
Arts of Survival è il claim della campagna della terza Capitale Europea della Cultura, Tartu. Tra i numerosi progetti, il festival Naked Truth dedicato interamente alla sauna, con installazioni di saune pop-up; e il Kissing Tartu (in omaggio al monumento-fontana Kissing Students della città) con uno spettacolo nella piazza principale.
Un trend del turismo culturale che persiste riguarda l’influenza che letteratura, cinema, televisione hanno esercitato – e tuttora esercitano – su molte delle scelte di consumo è innegabile. Il turismo, infatti, tanto per il suo carattere di “specialità” rispetto alla routine della vita quotidiana, quanto per il volume di spesa diretta e indiretta che è capace di attivare – sia a monte sia a valle dei viaggi – da parte di famiglie, gruppi, organizzazioni e imprese, si riesce a legare a prodotti culturali apparentemente scollegati, come romanzi e serie televisive. È un fenomeno che tuttora può sorprendere, soprattutto per la poca convenzionalità di alcuni canali di diffusione da una parte, e per l’imprevedibilità dei canali seduttivi, adottati di fatto involontariamente, dall’altra. Appena qualche anno fa la comunità di Monteriggioni, in provincia di Siena, si vide “invasa” da una torma di viaggiatori che avevano giocato a un episodio di Assassins’ Creed, ambientato nella cittadina toscana per il fascino storico e l’intrico dei percorsi urbani che accentuava il senso di mistero e scoperta tipico di un videogioco immersivo. Si parla esplicitamente di “set-jetting”, crescente spinta a visitare (di fatto, a trascorrervi del tempo) destinazioni presentate in film e serie televisive, che superano con la propria eloquenza allettante le sempre temute piattaforme dei social media come Instagram, Facebook e TikTok. Oltre 50% dei viaggiatori attribuisce a queste storie audiovisive l’ispirazione delle scelte di viaggio[5]. Fra tutti sembra aver dominato The White Lotus (dopo le Hawaii e Taormina pare che per la terza serie sia la volta della Thailandia), prodotta da HBO, che ha generato un picco del 300% delle ricerche, con una palese influenza sulla scelta effettiva della destinazione. Nella città siciliana, definita oleograficamente Perla dello Jonio e comunque iconica fin dai tempi dell’artista Otto Geleng che l’ha “scoperta”, del fotografo Wilhelm von Gloeden che ne ha enfatizzato l’edonismo, del pittore Robert Kitson che ne salvaguardò l’urbanistica dopo la Seconda Guerra Mondiale, pare che non si trovi un letto in albergo per i prossimi due anni. La forza d’attrazione delle narrazioni audiovisive si manifesta in svariati luoghi, e con pretesti e motivazioni disparati: la Romania offre architetture spettacolari ed escursioni enogastronomiche, oltre all’inevitabile atmosfera crepuscolare, a chi ha visto The Addams Family su Netflix. Sulla stessa piattaforma, i binge-watchers di Emily in Paris hanno fatto crescere del 200% l’interesse verso la capitale francese (che già godeva di “stampa eccellente”) e hanno spinto molti turisti a spingersi fino alla Costa Azzurra. Anche l’Inghilterra, che dopo la magnifica Downtown Abbey ha inanellato The Crown e Bridgerton ha attratto nuove fiumane di turisti a Londra e Windsor (ovviamente), ma anche a Bath, la città dei romanzi di Jane Austen di cui “Bridgerton” sposta il piano dalle delicate centrifughe sentimentali ottocentesche agli intrighi ormonali, pur coperti dalla riservatezza made in England, di giovani in cerca di destino.
The Glass Onion e il prossimo Argylle, intrigenti spy action-comedies, spingono verso la Grecia. Si tratta di un fenomeno non certo nuovo, ma mai così intenso e capace di muovere investimenti, spese e occupazione. Se ne ravvisavano le avvisaglie già qualche anno fa, con la crescita esponenziale del turismo britannico nel Sud-Est siciliano per effetto della trasmissione della serie Il Commissario Montalbano in terra albionica.
Nella lista delle destinazioni dischiuse dal cinema e dalla televisione non mancano la Corea del Sud, la cui cinematografia si impone, rivelando una Weltanschauung intrigante per un mondo occidentale sempre più affaticato: da Parasite a The Squid Game, non sono pochi i viaggiatori attratti da una cultura che mescola, in modo sorprendente, tradizioni secolari, saper fare artigiano e tecnologia avanzata e condivisa in un Paese caratterizzato da un’età media piuttosto bassa: 44 anni.
Nello stesso Paese, si stanno sviluppando esperienze turistiche ancora più mature e coinvolgenti. Riconoscendo il fascino globale dei film coreani e soprattutto dei k-drama e del k-pop, sono stati introdotti i “tour della Hallyu” (cultura pop coreana), ideati specificatamente per i consumatori di quei prodotti culturali. Si tratta di tour specializzati (organizzati da enti privati) che portano i visitatori alle location di ripresa, alle sedi delle case di produzione e alle registrazioni dal vivo di spettacoli popolari, offrendo un’esperienza coinvolgente, permettendo ai fan di connettersi con le loro star preferite e rivivere da protagonisti le stesse esperienze fruite attraverso le opere culturali. I tour della Hallyu includono visite ai set di drama iconici, come il delizioso bar di The 1st Shop of Coffee Prince o il villaggio storico presentato in Moon Embracing the Sun.
Il turismo interno e internazionale guarda in avanti, dismette la convenzione dei viaggi preconfezionati, nipoti legittimi ma ormai piuttosto afoni di Thomas Cook (che offrendo le crociere sul Nilo di fatto inventò il turismo di massa), e si orienta verso un viaggiare più artigianale, ma ben più appagante, spinto dalla curiosità e motivato dalla contemplazione.