Quando nasce il Gruppo Lucart? E come si inserisce nel contesto del distretto cartario toscano?
Abbiamo festeggiato lo scorso anno i 70 anni di attività. Lucart nasce sulle colline in provincia di Lucca, a Villa Basilica, per iniziativa della famiglia Pasquini, ancora oggi alla guida dell’azienda. Proprio a Villa Basilica, alla metà dell’800, il farmacista del paese inventò un metodo per fare carta partendo dalla paglia, dando origine al distretto cartario. Dalla carta paglia siamo passati alla carta realizzata con i maceri, iniziando a fare carta per imballaggi flessibili, quelle che si trovano all’interno delle scatole, e le carte veline, quelle con cui vengono realizzati i modelli per i vestiti o che si trovano all’interno delle scatole per le scarpe. In questo settore B2B siamo diventati leader a livello europeo, mentre alla fine degli anni ’80 siamo passati al settore tissue, quello delle carte per uso igienico/sanitario. In questo ambito abbiamo cominciato realizzando carte igieniche da maceri, quindi carta riciclata, diventando alla fine degli anni ’90 i primi in Italia per quanto riguarda le carte igieniche per uso professionale, fornendo alberghi, scuole, ospedali e ristoranti. Parallelamente siamo entrati nel settore della GDO, con carte igieniche per uso domestico che si trovano sugli scaffali dei supermercati. Nel 2012, poi, abbiamo acquisito i marchi Tenderly e Tutto Pannocarta.
Che dimensioni ha raggiunto oggi Lucart?
Ad oggi l’azienda è punto di riferimento in Italia per il settore consumer e seconda a livello europeo nel settore delle carte igieniche professionali, con stabilimenti in Italia, Francia, Spagna, Inghilterra e Ungheria. Produciamo oltre 395.000 tonnellate di carta ogni anno, raggiungendo più di 70 Paesi nel mondo. Il fatturato è di 765 milioni mentre i dipendenti sono più di 1.700.
L’industria cartaria è un settore cruciale per quanto riguarda il processo di decarbonizzazione, non solo per quanto riguarda i consumi del processo produttivo, ma anche per la materia prima impiegata, ovvero la cellulosa. Che strategie avete sviluppato in Lucart per ridurre l’impronta carbonica? Che materia prima utilizzate?
Per quanta riguarda la materia prima in ingresso, negli anni abbiamo sempre più aumentato la percentuale del macero come elemento strategico di sviluppo sostenibile. Ad oggi il 55% della materia prima in ingresso viene dal macero, cioè da carta riciclata e contiamo di raggiungere il 60% entro il 2023. Se ragioniamo in termini di impronta carbonica lungo tutta la catena del valore, il macero porta con sé un’eredità emissiva nulla rispetto alle emissioni derivanti dalla cellulosa vergine per cui l’approccio circolare di Lucart in termini di approvvigionamento di materia prima in ingresso comporta un miglioramento sensibile in termini di impronta carbonica sull’intera filiera.
Per i vostri processi produttivi riuscite anche a recuperare la cellulosa dal Tetra Pak, disaccoppiando gli elementi che costituiscono i cartoni, ovvero cellulosa, alluminio e plastica. Come avviene questo processo? Come recuperate i cartoni e in cosa vengono trasformati i materiali recuperati?
Siamo una delle due cartiere in Italia che riesce a riciclare i cartoni per bevande tipo Tetra Pak, grazie a un brevetto del 2010. L’obbiettivo, sin dall’inizio, è stato quello di rendere appetibile il riciclo del Tetra Pak da un punto di vista economico. Consideriamo che il 26% del Tetra Pak è costituito da parte non fibrosa, e quindi da scartare. Prendere un materiale da riciclare che già in partenza presenta un quarto della materia inutilizzabile risultava poco produttivo. Il nostro lavoro è consistito proprio nel prendere quel 26% e recuperarlo, ovviamente non in prodotti in carta ma in plastica equivalente. Oggi riusciamo a recuperare interamente la parte di cellulosa contenuta nel Tetra Pak, inviandola al processo di produzione della carta, ma valorizziamo anche il sottoprodotto derivante dal recupero della cellulosa, che ha una matrice mista tra alluminio e polietilene (plastica), facendone granuli di plastica. Per noi si è trattato di un cambio di modello, prima utilizzavamo maceri postindustriali, che arrivavano ad esempio da tipografie o da industrie, mentre i cartoni di tetra Pak li prendiamo direttamente dai consumatori attraverso la raccolta differenziata.
Una volta riciclate, in quali prodotti si trasformano le componenti in cellulosa e in plastica?
La cellulosa e la plastica ottenuta dal riciclo del Tetra Pak vengono utilizzate per la produzione delle linee di prodotti riconoscibili con il marchio EcoNatural. La carta, che ha un caratteristico colore avana, l’abbiamo chiamata Fiberpack® e viene utilizzata per produrre carte igieniche e fazzoletti. Con i granuli di plastica in Al.Pe®, la materia prima che deriva dal riciclo dell'alluminio e del polietilene presente nei cartoni per bevande, realizziamo dispenser per prodotti igienici. Sempre con questo materiale, grazie a delle joint venture con altre aziende, produciamo pallet per la movimentazione delle nostre stesse merci, chiudendo il cerchio. Negli anni ’90 siamo stati i primi a portare la carta riciclata con imballaggio in Mater-Bi certificata Ecolabel, in questo caso l’evoluzione è stata quella di ottenere un prodotto derivante da cellulosa riciclata dai cartoni per bevande, con un imballaggio in carta certificato FSC con la Carbon Neutrality.
Le politiche di decarbonizzazione e sostenibilità hanno inevitabilmente richiesto investimenti iniziali da parte dall’azienda, ma è corretto affermare che nel lungo periodo questi investimenti abbiano migliorato la competitività dell’azienda stessa? Se sì, in che modo?
Ogni investimento che migliora le efficienze produttive è anche un investimento che ha un ritorno economico almeno nel medio lungo periodo. Vale ad esempio per i consumi elettrici, per i consumi idrici e per il riutilizzo degli scarti di processo.
Linee di prodotto come EcoNatural hanno avuto una risposta positiva sul mercato? I prodotti ottenuti da carta riciclata hanno aperto nuovi mercati?
Abbiamo praticamente inventato il settore delle carte igieniche ecologiche nel mercato domestico e siamo i leader riconosciuti nel mercato professionale per i consumi fuori casa. Questo è dovuto anche al posizionamento ottenuto grazie ai prodotti ecologici che ci ha permesso di differenziarci dalla concorrenza e di essere percepiti come azienda tanto innovativa quanto virtuosa, un partner affidabile per ridurre l’impronta ambientale anche degli utilizzatori finali dei nostri prodotti.
La vostra è indubbiamente una filiera energivora, che necessita di energia elettrica, acqua, vapore e gas naturale. Che tipo di provvedimenti avete adottato per ridurre i consumi e per produrre energia in proprio?
Riusciamo ad autoprodurre una consistente parte dell’energia elettrica consumata attraverso impianti di cogenerazione alimentati a gas metano. Questo ci consente di ridurre del 10/15% il risparmio sulla fonte energetica primaria. Adesso il passaggio successivo è quello di ridurre l’autoproduzione da fonte fossile e trasformarla in autoproduzione da fonte green. Attualmente stiamo sondando il mercato del biometano e dell’idrogeno per sostituire quello fossile. Al tempo stesso acquistiamo dalla rete energia green e abbiamo realizzato impianti fotovoltaici sugli stabilimenti produttivi. Sullo stabilimento di Diecimo, in collaborazione con Enel X, abbiamo installato un impianto fotovoltaico che produrrà più 3 GWh l’anno, che eviterà ogni anno l’emissione di circa 1.160 tonnellate di CO2. È prevista anche una nuova installazione di altri 3.800 moduli fotovoltaici, capaci di generare un totale di 4.3 GWh l’anno, equivalenti al 4% del fabbisogno annuale dello stabilimento. Dal 2023, grazie a un accordo con Plenitude, riceviamo 18 GWh l’anno prodotti da energia eolica destinati agli stabilimenti italiani. Con questo accordo il Gruppo ha ridotto del 30% le emissioni derivate dall’acquisto di energia elettrica dalla rete nazionale. Nell’ambito di Horizon2020 stiamo lavorando a un progetto per la verifica dell’utilizzo dell’idrogeno, fino a un 100%, per l’alimentazione delle turbine dei nostri impianti di cogenerazione. Stiamo cercando insomma di ridurre i nostri consumi energetici e di stabilizzare i costi di acquisto dell’energia. Investire nelle fonti di energia rinnovabile sia direttamente, sia tramite PPA ha, infatti, l’effetto di ridurre la volatilità dei costi energetici del Gruppo, permettendo una migliore programmazione degli investimenti negli anni e una riduzione del rischio geopolitico.
Con il prossimo rapporto di sostenibilità 2023 si arriverà alla diciannovesima edizione, essendo stati tra le prime aziende a partire con la redazione di un Rapporto Ambientale evolutosi nel Rapporto di Sostenibilità oggi conosciuto. Che numeri ci restituisce l’ultimo rapporto disponibile sulle performance di Lucart?
Siamo particolarmente orgogliosi di questi risultati, perché rappresentano la dimostrazione più tangibile di come un’azienda possa raggiungere ottime performance economiche e ottenere allo stesso tempo performance ambientali e sociali di altissimo livello. Abbiamo ridotto i consumi idrici specifici del 36% rispetto al 2013, abbiamo ridotto l’intensità energetica del 25% rispetto al 2014, abbiamo ridotto del 7% le emissioni specifiche scopo 1 e del 33% le emissioni specifiche scopo 2 rispetto al 2021, abbiamo portato i rifiuti avviati a recupero all’84% del totale dei rifiuti prodotti e abbiamo l’80% dei nostri imballaggi con un contenuto di materia riciclata superiore al 30%. Riconfermiamo inoltre la riciclabilità e/o compostabilità di tutti i nostri imballaggi.
Abbiamo adeguato i nostri assetti organizzativi e di governance, in modo da poter rispondere e, ove possibile, anticipare le aspettative degli stakeholder a fronte delle sfide ambientali e sociali che una grande azienda è chiamata ad affrontare da qui in avanti: in ambito ambientale abbiamo aderito alla Science Based Target Initiative (SBTi) per sviluppare un percorso di decarbonizzazione rispondente a criteri scientificamente validati lungo l’intera catena del valore e abbiamo iniziato un percorso che ci vedrà aderire al Codice di Condotta della AMFORI Business Social Compliance Initiative (BSCI) in ambito di responsabilità etica e sociale sempre lungo l’intera catena del valore. Per questo motivo abbiamo recentemente creato una funzione, denominata Sustainable Supply, che gestirà la transizione sostenibile con particolare attenzione all’intera filiera di produzione.
Ricordo, infine, che per il secondo anno consecutivo, dall’agenzia di rating indipendente EcoVadis abbiamo ottenuto il massimo livello di valutazione sulla responsabilità sociale conseguendo la medaglia di Platino.