La crisi provocata dalla pandemia non frena la spesa delle imprese per migliorare i propri connotati green. Dipende dai forti contributi offerti dall'Ue ma anche dalla consapevolezza che il business ci guadagna P er Papa Francesco "peggio di questa crisi c'è solo il dramma di sprecarla". Un rischio che, a quanto pare, non vale per la sostenibilità. Le istituzioni europee hanno posto il contesto alla crisi climatica e la transizione energetica tra le priorità assolute. Non a caso, sul filone green si concentrerà una quota importante del Pnrr (80 miliardi, il 40% del totale), il piano di ripartenza che il governo sta per inviare all'Ue, il cui via libera è condizione essenziale per accedere ai fondi europei. L'obiettivo è fare dell'Europa la prima area carbon neutral al mondo. Iltraguardo è fissato per i12050, il che impone uno sforzo condiviso da parte di istituzioni, imprese, associazioni e singoli cittadini per modificare radicalmente usi, scelte strategiche e modelli di sviluppo. Intercettare le risorse messe sul piatto dall'Unione europea è prioritario per le aziende uscite ammaccate dalla crisi e anche per quelle che hanno fatto della sostenibilità un tratto caratterizzante del proprio business. Secondo la ricerca di Ey, intitolata "Seize the change: futuri sostenibili", il 70% delle imprese italiane ha redatto un piano di sostenibilità corredato da obiettivi, anche se solo il 23% ha definito le tempistiche per il loro raggiungimento. Quanto all'impatto della pandemia, per il 23% del campione intervistato questa crisi non frenerà le strategie adottate nel campo della sostenibilità. Anzi, il 33% ritiene che la crisi pandemica fungerà da acceleratore per una transizione verso modelli maggiormente ecologici. Dunque, le ristrettezze di budget imposte dalla crisi non sembrano ricadere sugli investimenti nella sostenibilità. Secondo la ricerca, 1'84% delle aziende intervistate dispone di un piano industriale che contiene azioni di mitigazione e/o di adattamento ai cambiamenti climatici. Un dato che non sorprende, se si considera che quest'ultimo tema, insieme alla perdita di biodiversità, viene ormai visto come la sfida più urgente a livello mondiale. Per centrare l'obiettivo occorre accelerare sulle politiche di decarbonizzazione, con il 24% del campione preso in considerazione che ha già intrapreso un percorso in tal senso. L'indagine affronta inoltre il tema dell'economia circolare, rilevando come il 40% delle imprese intervistate sia impeghata su questo fronte. Il riferimento è al nuovo modello economico basato sul principio per il quale tutte le attività, dalla produzione al design degli oggetti, vengono organizzate in modo che i prodotti, una volta giunti a fine vita, possano tornare nel ciclo dell'economia e dei consumi. Con la conseguenza di minimizzare l'impiego di materie prime scarse. Essere sostenibili paga. Secondo un sondaggio che ha coinvolto 9 mila aziende manifatturiere italiane, condotto dalla Liuc Università Cattaneo in collaborazione con l'Università di Bologna e Tno-Strategic Analysis and Policy, l'adozione di innovazioni sostenibili spinge i risultati aziendali grazie a una maggiore produttività non solo dei macchinari, ma anche del personale, con quest'ultimo che si sente più coinvolto nelle scelte aziendali. Performance che invogliano sempre più imprese a investire in questo filone. Secondo l'ultimo rapporto Greenitaly, realizzato dalla Fondazione Symbola e da Unioncamere, sono oltre 432 mila le imprese italiane dell'industria e dei servizi che tra il 2015 e il 2019 hanno investito in prodotti e tecnologie green. Un valore in crescita del 25% rispetto al quinquennio precedente. La stessa indagine mette in rilievo un altro aspetto di grande interesse: le aziende più votate al green stanno resistendo meglio alla crisi pandemica. Tra quelle che hanno effettuato investimenti per la sostenibilità, il 16% è riuscito ad aumentare il fatturato contro il 9% delle non green.
Sibilla Di Palma | Affari&Finanza - La Repubblica