L'Italia accelera sulle rinnovabili Lo scenario. Idroelettrico, eolico, solare, biomasse hanno rappresentato il 43,8% della produzione energetica nazionale nel 2023, con una crescita del 15,4% sul 2022. Realacci (Symbola): abbiamo le competenze per sviluppare le filiere green e centrare i target Ue Ilaria Vesentini utilità elettrica e fonti rinnovabili possono avere sussulti, ma sono diventate corsie vincenti di un processo che non si può più arrestare». È ottimista Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club e presidente del comitato tecnicoscientifico di KeyThe energy transition expo al via oggi a Rimini. «La mia non è una posizione ideologica- spiega -.Già oggi in larga parte del mondo la produzione solare ed eolica è la forma più economica di energia. Ecco perché sono fiducioso che raggiungeremo i target green prefissati dall'Ue, nonostante la forbice che vedo in questo momento sul mercato, dove c'è da un lato un'evoluzione tecnologica che avanza spedita, riducendo i costi e permettendo la diffusione su larga scala, e dall'altro lato un contesto politico in Europa sempre meno favorevole all'ambientalismo, come dimostrano i cortei dei trattori». Silvestrini trova conferme al suo ottimismo dai risultati che l'Italia ha raggiunto lo scorso anno, con5 GW di nuovi impianti rinnovabili. Idroelettrico, eolico, solare, biomasse hanno rappresentato infatti il 43,8% della produzione energetica italiana nel 2023, secondo i dati Terna, con una crescita del 15,4% in un anno. Un trend favorito dalla minor domanda di elettricità (-2,8% rispetto al 2022), ma comunque un record, anche se il confronto con i partner europei non è premiante: in Germania e Spagna le rinnovabili hanno superato per la prima volta, lo scorso anno, il 50% della produzione elettrica; la Gran Bretagna è al 47% e nel frattempo ha abbandonato il carbone; la Francia è al 27%, ma se nelle fonti low carbon si include il nucleare sale al 93%.«Il nucleare non è una chance per il nostro Paese, arriviamo in ritardo e i costi di costruzione delle centrali sono raddoppiati spiega Silvestrini tanto che si stima che al 2050 il contributo energetico del nucleare su scala mondiale potrà arrivare all'8%. Sapremo solo fra una decina d'anni se i piccoli reattori modulari funzionano, mentre il punto vero in Italia, per arrivare al 65% di rinnovabili nel 2030, è intervenire e investire sui sistemi di accumulo a lunga durata. Se non si risolve questo passaggio avremo un sistema energetico pulito che non regge, è sullo storage che l'Italia deve dedicare risorse e innovazione». Non è così ottimista Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, secondo cui l'Italia sta procedendo troppo lentamente nella transizione: la media è di1,5 GW l'anno dal 2014 a oggi, mentre ne servirebbero lo. Nello stesso periodo Francia e la Gran Bretagna sono cresciute di 2,8 GW l'anno, la Spagna di 3,6, la Germania di 7,5 GW. Eolico off-shore e comunità energetiche sono due strade da percorrere in fretta, assieme al fotovoltaico. «Credo che i piccoli impianti decentrati di rinnovabili daranno un grande contributo, non solo energetico ma anche culturale al nostro Paese per mitigare la povertà energetica prevede Silvestrini-. L'attesa legata al Milleproroghe è altissima, centinaia di sindaci si stanno preparando, anche la chiesa si sta muovendo, la diocesi di Treviso ha avviato una Fondazione di partecipazione che coinvolgerà 260 parrocchie in una comunità energetica rinnovabile. Le procedure sono tutt'altro che banali, ma ci sono 2,2 miliardi di euro del Pnrr a disposizione dei piccoli Comuni». «La prima frase del Manifesto di Assisi è quella che tutt'ora descrive meglio la situazione davanti a noi: affrontare con coraggio la crisi climatica non è solo necessario ma rappresenta anche l'occasione per rendere la nostra economia e la nostra società più a misura d'uomo e per questo più capaci di futuro», commenta Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola che in occasione di Key presenterà il 2° Rapporto sulla geografia produttiva delle rinnovabili in Italia, un'analisi sulle prospettive da qui al 2030 e sulla distribuzione settoriale e territoriale delle imprese nel fotovoltaico, eolico, idroelettrico, solare termico, geotermico e bioenergie.«Non si può più ragionare di fonti rinnovabili come un dovere imposto dall'Ue, oggi più che mai esse sono il terreno della nuova economia. In Italia abbiamo le competenze per sviluppare le filiere green e raggiungere i target al 2030 e al 2050 spiega Realacci ma anche un enorme problema che rischia di far saltare tutto: l'eccesso di burocrazia. Siamo troppo lenti negli investimenti green e il tempo è oggi il fattore critico di successo». Se la potenza rinnovabile nel mondo è cresciuta del 51% nel 2023 raggiungendo 510 GW lo si deve infatti alla Cina, che ha installato oltre 200 GW tra solare ed eolico. «Non dobbiamo lasciare ad altri la sfida lanciata dalla Cop 28 a Dubai di triplicare la potenza energetica green mondiale entro la fine del decennio. Per l'Unione europea non sarà facile ammette Silvestrini perché non abbiamo un'unica politica industriale che permetta uno strumento come l'Ira americano (Inflation Reduction Act, ndr) né la potenza di fuoco della Cina. Il ruolo di stimolo sulla transizione green che abbiamo giocato a livello mondiale va cavalcato per creare valore reale per le nostre comunità, altrimenti rischia di diventare un boomerang. Lo sviluppo del fotovoltaico nel Sud Italia, ad esempio, può diventare un fattore di attrazione per le aziende che nella zona più soleggiata del nostro Paese avrebbero energia a basso costo, alimentando così lo sviluppo industriale e sociale».