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di Sara Iacovaccio e Fabio Terragni

L’Europa è troppo verde? È questa la strana accusa che gira da anni ma che recentemente sembra avere preso maggior forza: l’Unione Europea sta esagerando nella spinta verso la transizione ecologica, e in questo modo rischia di provocare danni sociali – oltre che economici – e di minare la competitività dei Paesi membri. La discussione ha visto recentemente contrapporsi le diverse fazioni in almeno un paio di occasioni: quella relativa ai limiti di emissione dei motori Euro 7 –per cui è passata una versione meno restrittiva di quella inizialmente proposta (sullo sfondo anche la polemica sugli incentivi alle vetture elettriche) – e la votazione avvenuta il luglio scorso sulla Nature Restoration Law, la proposta di regolamento sul ripristino della natura, che ha provocato un aspro dibattito e una vittoria di misura delle forze politiche a favore. Sono solo due esempi, importanti, delle critiche che gravano il Green Deal europeo. Gli stessi vertici europei, a distanza di pochi mesi dalle elezioni e dai rinnovi degli organi della Commissione, si muovono con cautela maggiore che in passato e si mostrano attenti alle ragioni dei critici.
Nonostante le tensioni del momento, l’Unione Europea ha raggiunto risultati importanti nella ricerca della sostenibilità e certamente rappresenta il continente più attivo e virtuoso: nella lotta al cambiamento climatico, per esempio, sono stati conseguiti obiettivi importanti, anche se certamente non sufficienti sul piano globale. Quando si è alla ricerca di politiche organiche e di contributi pubblici – sia alla ricerca che all’innovazione ambientale – bisogna guardare soprattutto all’Europa, perché sono cospicui i finanziamenti messi a disposizione dalle istituzioni comunitarie.

Continua a leggere su GreenItaly 2023 | pag.30

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