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A differenza delle altre regioni dell’Italia settentrionale, nel Piemonte non c’è una fascia prealpina: così lo stacco netto tra la pianura e massici come quelli del Monte Rosa e del Gran Paradiso conferisce un aspetto ancora più maestoso e imponente alle Alpi. Anche le zone collinari offrono paesaggi spettacolari, stavolta però non per ragioni orografiche ma per l’attenta azione dell’uomo, che ha saputo modellare le colline su cui scendono dolcemente i vitigni. Non a caso il “paesaggio vitivinicolo del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato”, è stato riconosciuto come sito patrimonio dell’umanità dall’UNESCO.

Foreste e boschi

Il Piemonte si classifica al terzo posto, preceduto soltanto dalla Toscana e dalla Sardegna, tra le regioni italiane con la maggior superfice boschiva. Sono infatti 9.754 i kmq coperti da boschi e foreste, su un totale di 25.387 kmq che compongono l’intera regione. La stragrande maggioranza delle foreste piemontesi si trova all’interno di piccoli comuni. Come per le altre regioni montane, nelle zone più alte in quota si trovano le classiche foreste alpine di conifere e pini, mentre scendendo gli abeti lasciano il posto alle faggete. Sulle pendici del Monviso, che con i suoi 3.841 metri è la montagna più alta delle Alpi Cozie, si trova il Bosco dell’Alevé, il più grande bosco di pino cembro d’Italia con i suoi 825 ettari di estensione tra i 1.600 e i 2.500 metri di altitudine. Bosco di origini antichissime, risalente addirittura al periodo delle grandi glaciazioni del quaternario, viene citato da autori come Virgilio e Plinio il Vecchio. Il nome romano del Monviso era Vesulus Pinifer per l’abbondanza dei boschi di pini che ricoprivano i pendii della montagna. Nel bosco si trovano pini cembri secolari, il più vecchio dei quali si trova presso il Lago Bagnour e ha circa 500 anni. Oltre che per la loro età, alcuni pini del Bosco dell’Alevé suscitano curiosità per le insolite nicchie su cui crescono, come speroni rocciosi o pareti di roccia a picco. Questa particolarità è dovuta alla nocciolaia, un uccello che si nutre dei pinoli delle pigne dei pini cembri e, al fine di fare scorte per i mesi invernali, è solita nascondere i pinoli in piccole rientranze nel terreno. Alcuni di questi, però, vengono dimenticati e quando germogliano danno vita a pini che crescono quindi in posizioni inusuali. A Trino (VC) c’è invece l'ultimo residuo di bosco planiziale del basso Vercellese, il Bosco delle Sorti della Partecipanza. Circondato dalle risaie, coltivazione tipica della zona, e costituito principalmente da querce e pioppi, il bosco si è salvato dai primi diboscamenti effettuati dai romani perché ritenuto sacro agli dèi, e dai successivi disboscamenti nel medioevo perché nel XIII secolo divenne proprietà comune dei cittadini di Trino (da qui appunto il nome Partecipanza), che lo gestirono secondo precise regole. Ogni anno infatti una zona del bosco, detta “presa”, viene selezionata per il taglio degli alberi e divisa in “punti”, a loro volta suddivisi in quattro porzioni. Ad ogni “punto” viene associato un numero, così come ad ogni socio che fa parte della Partecipanza. I soci che estraggono gli stessi numeri dei “punti” scelti per il taglio hanno quindi diritto ad abbattere gli alberi selezionati, e questo spiega il nome “Bosco delle Sorti”. Altro bosco piemontese che merita di essere menzionato è sicuramente quello di Salbertrand, da cui prende il nome l’omonimo Parco naturale. I 700 ettari di bosco, nella Val di Susa, sono costituiti prevalentemente da abetaie di abeti bianchi e rossi, che per la qualità del loro legname nel ‘700 furono impiegati per la costruzione di alcuni edifici iconici della città di Torino come la Basilica di Superga, la Venaria Reale e l’Arsenale.

Alberi Monumentali

Il Piemonte vanta 319 alberi monumentali, di cui 221 all’interno di piccoli comuni. A differenza di altre regioni, dove alcune specie spiccano nettamente per numero tra le piante monumentali censite, il Piemonte ha una grandissima varietà di monumenti verdi e nessun albero si impone sugli altri per numero di esemplari. Si va dal liriodendro all’acero montano, passando per la sequoia gigante e il larice, fino a vere e proprie rarità come l’albero dei fazzoletti e il cipresso del Bhutan. Nel piccolo comune di Macugnaga (VB), ai piedi del Monte Rosa, c’è un tiglio secolare che secondo la leggenda sarebbe stato piantato nel 1200 dai primi pastori Walser che fondarono il paese. In realtà la pianta, che si trova nella frazione di Dorf, davanti al piccolo cimitero e alla Chiesa Vecchia, ha un’età stimata di circa 500 anni ed è ritratto in un disegno del 1825 del pittore inglese William Brockedon. Alto 12 metri e con un tronco che misura 8 metri di circonferenza, il tiglio di Macugnaga ha una folta chioma sotto la quale, in estate, la comunità locale si ritrovava per stilare atti notarili al riparo dal sole e dirimere le controversie locali, trasformando l’albero in un vero e proprio punto di ritrovo. Il piccolo comune di Giaglione (TO), in Val di Susa, è conosciuto per la tradizionale Danza degli Spadonari, un ballo tradizionale di origine pagana che si svolge impugnando delle spade ogni 22 gennaio, nel giorno di San Vincenzo. E proprio nel prato davanti alla Chiesa di San Vincenzo si trova il castagno monumentale di Giaglione, che con il suo tronco tozzo e i suoi rami nodosi si staglia verso la cima del Rocciamelone, montagna delle Alpi Graie. Sotto le fronde dell’albero veniva montato, fino ai primi anni dell’800, un grande palco per la rappresentazione della Passione di Cristo, che durava tre giornate intere e vedeva recitare tutta la comunità locale. Nella splendida cornice del Parco del Castello Reale di Racconigi (CN), patrimonio UNESCO, spicca per dimensioni un esemplare di Zelkova, conosciuta anche come Olmo del Caucaso. L’albero, che si trova ai bordi di un bosco di tigli, noci e platani, svetta sulle altre piante per la sua altezza di 38 metri. A partire dalla base il tronco si divide in due fusti gemelli dalla corteccia grigio chiara che salgono dritti e paralleli fino alla chioma, aperta e ben espansa. Con tutta probabilità la Zelkova venne piantata nei primi dell’800 dal giardiniere tedesco Xavier Kurten, che curò i giardini del Castello di Racconigi sotto Carlo Alberto e rimosse molti alberi piantati dai suoi predecessori in favore di nuove specie esotiche. Nel piccolo comune di Roccavione, in provincia di Cuneo, all’interno di quello che una volta era il parco della Villa liberty dei Conti Salazar, distrutta nel dopoguerra, si trovano invece due enormi esemplari di sequoia gigante. Il giardino venne realizzato nel 1902, anno di costruzione della villa, con la piantumazione di molte piante esotiche ancora oggi visibili come il cipresso calvo e l’araucaria, ma sono sicuramente i due esemplari di sequoie, di cui la maggiore raggiunge gli 11 metri di circonferenza e i 51 metri di altezza, a catturare l’occhio per le loro dimensioni.

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