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Pmi, la coesione premia: più ricavi, export e digitale La cultura del «noi». Rapporto di Fondazione Symbola, Intesa Sanpaolo e Unioncamere: le imprese che mettono le relazioni al centro del modello di business hanno maggiori benefici rispetto alle altre Chiara Bussi a loro crescita è costante nel tempo e hanno una marcia in più in termini di fatturato, export, innovazione e sostenibilità. Un dividendo non da poco per le piccole e medie imprese (Pmi) coesive, che mettono al centro del proprio modello di business le relazioni, interne o esterne. Una tendenza che rinsalda il legame con il territorio per costruire un'economia e una società a misura d'uomo e porre solide basi per il futuro. Lo mostra il rapporto «Coesione è competizione», promosso da Fondazione Symbola, Intesa Sanpaolo e Unioncamere in collaborazione con Aiccon, Ipsos e Centro Studi delle Camere di commercio Guglielmo Tagliacarne.. L'istantanea con il fermo immagine sul 2022 ne traccia l'identikit. Erano il 32% nel 2018, sono diventate il 37% nel 2020, l'anno di inizio della pandemia, e oggi sono i143% del totale. Se loro incidenza aumenta di pari passo con la dimensione aziendale, il seme della coesione sta germogliando anche in quelle più piccole. Dal 2020 al 20221e microimprese coesive sono aumentate di ben dieci punti percentuali e oggi rappresentano il 39% del totale. Di pari passo è meno disomogenea rispetto al passato la distribuzione sul territorio nazionale di queste aziende che hanno scelto la strada delle relazioni strutturate . Sono cresciute infatti anche nel Mezzogiorno a un ritmo del 21,6% tra il 2020 e i12022, con una quota che è passata dal 14,5% a 15,7% sul totale italiano. La forza delle relazioni «Uno dei tratti delle imprese coesive oggi spiega il direttore di Fondazione Symbola Domenico Sturabotti è l'aumento del numero medio di relazioni che queste Pmi hanno instaurato con numerosi soggetti. Se durante la pandemia la relazione verso i dipendenti aveva avuto un ruolo preponderante, con il ritorno alla nuova normalità crescono quelle con altri soggetti: altre imprese, clienti, associazioni di categoria, banche, scuole, università, terzo settore. Il gioco di squadra diventa cruciale per affrontare le sfide imposte dalla digitalizzazione e dalla transizione verde, i due pilastri del Next Generation Eu, ma anche per fare massa critica per cercare nuovi sbocchi di mercato o per fronteggiare shock improvvisi». Chi non ne comprende le potenzialità, dice Sturabotti, «rischia di restare fuori dal mercato». In particolare spicca la quota di aziende coesive che hanno stretto relazioni con le banche (dal 12% del 2020 al 41% del 2022). «Le imprese, che sono la forza vitale della società sottolinea il presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro hanno successo più duraturo se lavorano per il bene di tutti gli stakeholder. Alle banche spetta un ruolo cruciale nell'affermazione di un nuovo paradigma di sviluppo, perché sono in grado di orientare le risorse verso gli obiettivi necessari per questo cambiamento». E aggiunge: «L'esperienza quotidiana di Intesa Sanpaolo conferma che la coesione è davvero un fattore determinante per la competitività delle imprese, non solo in termini di fatturato, ma anche di propensione alla transizione green e digitale, le chiavi decisive di sviluppo dell'economia italiana». Aumenta inoltre di 14 punti percentuali quella delle Pmi che hanno sviluppato collaborazioni con le associazioni di categoria (dal 12% al 26%) e le istituzioni no profit (dal 6% al 20%), mentre è ancora molto bassa la quota di imprese che si relaziona con le istituzioni, pari al12% circa, che resta quasi invariata rispetto al 2020 e al 2018.«Le imprese coesive fa notare il segretario generale di Unioncamere Giuseppe Tripolisono quelle in cui la cultura del "noi" prevale sull'individualismo e per le quali lo sviluppo è una opportunità per tutti. Questa concezione si alimenta con gli esempi (le imprese coesive risultano essere anche più competitive) e con una diversa cultura economica, e qui hanno una grande responsabilità le Università e le scuole di business». Le imprese coesive, prosegue, «sono inoltre favorite da un contesto sociale che pratica questi valori, sono più presenti nei territori in cui è più diffuso il coinvolgimento civico delle persone». La coesione, conclude Tripoli, «è un' opportunità di crescita, e non un onere in più. E questo vale in particolare per il nostro Mezzogiorno, perché nelle aree in cui cresce il capitale sociale si ispessisce il numero delle imprese coesive». I benefici I benefici di questo nuovo modello di business sono evidenti, guardando al passato recente, ma anche al futuro. Se le Pmi coesive si sono dimostrate più resilienti nel periodo della pandemia, secondo un sondaggio Unioncamere-Tagliacarne il 55% delle aziende che punta su relazioni strutturate stima per quest'anno un aumento dei ricavi rispetto al 2022 (contro i142,3% delle altre imprese), dell'occupazione (34,1% contro 24,8%) e delle esportazioni (42,7% contro 32,5%). E questi andamenti dovrebbero confermarsi anche per i12024. Le imprese coesive sono anche più attente al Pianeta: quasi due su tre (62%) hanno investito in sostenibilità ambientale (contro il 33,2% delle altre imprese) e i116,9% (contro l'8,8%) ha compiuto un ulteriore scatto in avanti con attività di rendicontazione (bilancio sociale, di sostenibilità, rating Esg). Non solo. Il 46,9% di esse ha adottato o intende adottare tecnologie digitali nel periodo 2022-2024 (contro il 24,4% delle altre) e in tre casi su quattro ha introdotto o introdurrà una forma di innovazione, mentre nelle altre non si arriva alla metà del totale.

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Pmi, la coesione premia: più ricavi, export e digitale - Chiara Bussi | Il Sole 24 Ore

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