L’effetto collaterale della guerra si riverserà sul nord Africa, che dipende quasi totalmente dal grano ucraino e russo. Ne è convinto Ermete Realacci, che, parlando con l’Adnkronos, lancia l’allarme sui danni alimentari ed economici, “a brevissimo termine”, che colpiranno Paesi come l’Egitto, la Siria e Tunisia, che rischiano di morire di fame e di conseguenza diventare instabili dal punto di vista politico e civile. Per il presidente onorario di Legambiente, “è difficile valutare i danni futuri, anche ambientali, della guerra, perché non sappiamo quanto durerà e non sappiamo quali sono le armi utilizzate, anche se sono chiare le conseguenze di fabbriche e depositi di carburante che prendono fuoco. Il problema che però deve preoccupare è nell’immediato ed è enorme: l’Ucraina, e in parte la Russia, sono un granaio per mezzo mondo, non tanto per noi e per l’Europa, che da questo punto di vista abbiamo le risorse per trovare altre fonti di approvvigionamento. Ma lo sono per molti altri Paesi, soprattutto di tante aree del nord Africa, che rischiano di finire rapidamente e letteralmente alla fame. E questo sarà un problema enorme da molti punti di vista, anche da quello della tenuta di regimi che sono spesso fragili”.
“Ci saranno conseguenze nel lungo periodo in tanti campi – prosegue Realacci - Tutti ormai hanno capito che, se non si accelera sul risparmio energetico e sulle rinnovabili, perdiamo non solo sul campo economico, ma anche su quello della libertà, della dipendenza e della sicurezza del nostro Paese e dell’Europa. Ma devo sottolineare che queste conseguenze ci saranno in molti altri settori produttivi, come si è visto anche durante la pandemia, dove molte filiere hanno cominciato ad accorciarsi, tornando a produrre ‘in casa’, dopo che è emerso un problema di sicurezza nell’approvvigionamento di materie prime essenziali per il futuro. Tutto questo accadrà anche nella filiera alimentare, ed è chiaro che più riusciamo a produrre in Italia e meglio è. Ma ciò non allevia i problemi che presto potranno verificarsi in Egitto, Tunisia e Siria per effetto della mancanza di cibo”.
Fra le conseguenze future dovuta a una produzione ‘d’emergenza’, avverte l’ambientalista, “ci potrà essere una scarsa attenzione all’ambiente e bisognerà tenere gli occhi aperti su questo. Ma nell’immediato, nei prossimi mesi, ci dovremo preoccupare della mancanza di cibo per tante popolazioni, un problema che può diventare un’ulteriore mina nella sicurezza di tutta l’area nordafricana. Lo scambio di prodotti e di cibo è una parte importante delle relazioni fra i Paesi, però, quando si concentrano troppo in determinate aree alcune materie prime e alcune produzioni, c’è un problema che emerge con una violenza a cui francamente non pensavamo, soprattutto quando ci sono shock come quello causato da una guerra così lunga, difficile e dolorosa. Se poi aggiungiamo in prospettiva quanto potrà accadere per alcuni tipi di produzione a causa dei mutamenti climatici... beh, questo lo stiamo già vedendo con i flussi migratori provenienti dalla regione subsahariana”.