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di Luca Corsolini

La contemporanea presenza su due fronti del presidente del Coni Malagò, garbato e attentissimo padrone di casa per gli Stati Generali dello Sport Italiano, e fin troppo esplicito rottamatore, dunque tifoso di una soluzione radicale dei problemi della Federcalcio, ha tolto un po’ di attenzione alla due giorni di lavori ospitati dal Coni. Ed è stato un peccato, perché se è vero che il calcio ha bisogno di una rifondazione, è altrettanto vero che il mondo dello sport dovrebbe prestare ancora attenzione alle tante road map che sono state suggerite durante gli Stati Generali: parlando di sport, ovviamente, ma ancor più del Paese.

Ad esempio, si è parlato di pensioni. Perché il responsabile della preparazione olimpica Carlo Mornati nel mettere in guardia chi pensa che lo sport sia misurabile solo con le medaglie vinte ai Giochi non ha solo parlato della crescita, negli ultimi anni, dei Paesi concorrenti, il 12 per cento dei quali è subito salito sul podio, ma ha anche evidenziato come si sia ridotta la classe anagrafica olimpica, 20/35 anni, riducendo di molto la selezione degli atleti azzurri. Il presidente dei medici sportivi Casasco, appena promosso numero 1 della categoria anche a livello europeo, ha invece espresso a voce alta un dubbio: perché il dibattito sull’età pensionabile è schiacciato nel Paese sull’età pensionabile quando i dati che noi abbiamo, frutto di visite accurate, ci permetterebbero di ragionare su una più verosimile e utile età biologica?

Gli Stati Generali sono stati una fotografia perfetta del tempo googlizzato che stiamo vivendo: non sempre bisogna trovare o si riesce a trovare la risposta giusta, è invece fondamentale porsi la domanda migliore se si vuole indirizzare la ricerca. È proprio una questione di metodo.

E il metodo è stato impiegato ad esempio per scegliere chi far parlare di salute e di formazione. La ministra Beatrice Lorenzin ad esempio, parlando della sua materia, ha parlato di sport come e meglio di tutti i dirigenti sportivi. Lo sport è un diritto, e nemmeno tutti sanno che questa regola è l’incipit di un Libro Bianco della Commissione Europea, un diritto da declinare in tanti modi, non solo per curare i malati ma anche e soprattutto per quella gigantesca opera di prevenzione, che vale miliardi risparmiati in spese sanitarie, che si chiama comunicazione di corretti stili di vita. Stare bene oggi è un dovere sociale, quindi devono fare la loro parte gli individui ma la società non può essere passiva e deve studiare nuove forme di vivere metropolitano, appunto con approccio sportivo, ad esempio per affrontare la crisi di identità dei parchi che qualcuno vive al presente come minaccia per la sicurezza quando possono essere le più belle, e diffuse, palestre a cielo aperto a beneficio di tutti.

Niccolò Campriani ha addirittura commosso parlando del suo progetto di abbinamento sport-studio nato dalla sua personale esperienza. Prima di Londra si era sentito una persona felice: aveva lasciato l’Italia col cuore gonfio di malinconia per andare negli Stati Uniti per trovare e realizzare il sogno che aveva fatto tante volte, un posto dove studiare e allenarsi sentendosi sempre, in due momenti diversi, parte di una squadra. Dopo Londra ha commesso, parole sue, l’errore più grande, dandosi al professionismo e così la sua passione è diventata la sua ossessione fino a smettere, dopo altre medaglie olimpiche che lui però ha commentato così: il trucco è essere felici prima di vincere.
Cosa hanno in comune gli interventi di Lorenzin e Campriani ? Il richiamo al gioco di squadra, che è stato il vero fil rouge degli Stati Generali, e che è anche l’elemento distintivo delle altre eccellenze, sportive e non.

Prima dell’appuntamento al Coni, Gianluca Santilli aveva convocato per il secondo anno al Maxxi di Roma il Bike Economy Forum. Si è parlato, anche qui, di sogni: dal Vento, la ciclovia Venezia Torino, al Grab, il grande raccordo anulare per le due ruote, che se realizzati aiutano il ministero della salute a centrare il target di una sanità più efficiente e meno costosa e fanno piovere soldi sul Paese, ogni pedalata un euro guadagnato da quella che si chiama appunto bike economy.

Ma la storia più bella sentita al Maxxi è stata forse quella della Fantic Motor. Azienda produttrice di moto, evidentemente, nata in Lombardia nel 1968. Sparisce dall’orizzonte fino a che un imprenditore non la trasferisce a Treviso, nel cuore di una delle tante bikelandia che ci sono in Italia, questa parte del distretto sportivo più e meglio consolidato. E nel 2014 arriva a rilevarla VeNetWork, “un club di forze con un motore sempre acceso in grado di cogliere i vantaggi dell’aggregazione creando sinergie, facendo sistemi”. Che storia! Una squadra di imprenditori, ognuno con la sua attività, che usa come manifesto la frase di Kennedy “Non chiedetevi che cosa il vostro Paese può fare per voi, chiedetevi cosa voi potete fare per il vostro Paese” per riportare a vita piena un patrimonio italiano. La Fantic ha persino vinto un titolo all’ultimo Eicma, il salone di settore, con una moto. Ma oggi ha in produzione anche tante e-bike, dai modelli Mtb che assomigliano di più alle moto da cross con ruote larghe a prova di buche e di binari a quelli per girare in città e far muovere le persone e l’economia.

Insomma, siamo in salute, più di quanto crediamo normalmente, e siamo anche capaci di fare squadra quando ce ne ricordiamo: la sintesi degli Stati Generali dello Sport Italiano 2017 può benissimo essere sia il titolo della prossima edizione che un invito a tutti a cercarsi “un insieme di forze”.

Luca Corsolini - Symbola

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