Nella Regione dei Parchi e dei microchip, degli orsi marsicani e dei voli diretti per New York, alcune comunità estreme, anche per l’investimento pubblico sulla Natura, stanno ritrovando ragioni di sviluppo economico e rinascita comunitaria. Padre Serafino Razzi, domenicano del ‘500, descriveva così FARINDOLA posta alle radici di altissime montagne, in un alto colle sotto cui corre gelidissimo il Fiume Tavo poco lontano dalle fonti.
Questo sperone roccioso, compreso nel perimetro tra il Parco del Gran Sasso e i Monti della Laga, 1800 abitanti, è un crocevia di aree protette dall’inestimabile valore naturalistico: dalla famosa Riserva del Voltigno e Valle d’Angri all’Area faunistica del Camoscio d’Abruzzo che secondo “LIFE” rappresenta un esempio di integrazione faunistica a livello europeo. Ma l’identità primaria di Farindola, come di molti centri montani del Gran Sasso, è la pastorizia transumante. Il legame stretto con le terre di Puglia per lo svernamento delle pecore è testimoniato dal culto cristiano di San Nicola di Bari, protettore di Farindola da 1000 anni. Questo intreccio di lavoro e culture ha segnato antropologia, stili di vita e tradizioni. Il Pecorino di Farindola si è affermato nelle manifestazioni di settore nazionali e internazionali, per la lavorazione del latte crudo intero di pecora secondo i modi tradizionali, la qualità del foraggio in pascoli estivi incontaminati alle pendici del Gran Sasso, e per il caglio di maiale che dà all’impasto leggerezza, sapore e profumi speciali. Il Consorzio di Tutela è stato un moltiplicatore importante per l’affermazione di questo prodotto unico. Anche il miele di Farindola è un must riconosciuto. La conformazione orografica, il succedersi di montagne, altipiani e valli, la coesistenza di boschi e campi coltivati, sono una ricchezza di paesaggi eccezionale per le essenze mellifere. Da qui i mieli di lupinella, sull’acacia e millefiori.
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