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di Luca Corsolini   

Due giorni per scoprire l’Italia. 365 per amarla. Questo è il week end delle Giornate Fai di primavera riassunte nei due numeri riportati in apertura. Ne parliamo qui perché in quella relazione non ancora diventata fidanzamento tra il Fai e il mondo dello sport, che pure avrebbe tutti i vantaggi possibili a farsi riconoscere come ambiente dal Paese, il Fondo Ambiente almeno continua il suo fidanzamento discreto.

A Milano ad esempio sarà possibile visitare lo stadio di San Siro, fin negli spogliatoi che pure oggi siamo abituati a vedere persino in tv, abitati dai loro inquilini principali, i giocatori, nel prepartita. Senza i giocatori, perché il campionato di A è fermo, sarà una visita quasi da appuntamento con un agente immobiliare. In zona sarà possibile visitare pure l’elegante Ippodromo Snai e, più in centro, la Palazzina Appiani, la parte nobile di un’Arena non in formissima, anche se intitolata a un grande cantore dello sport come Gianni Brera. Nessun altro luogo sportivo ?

In realtà, nei giorni scorsi, approfittando del fatto che quest’anno festeggia i suoi 120 anni, e contemporaneamente i 60 di Coverciano, la Figc ha aperto le porte del raduno della Nazionale e qualcuno che avrà messo in pratica il consiglio di Francesco Franchi, figlio dell’Artemio che volle il centro tecnico, ci deve essere stato. Tenete a mente per la prossima occasione: una delle emozioni più forti che si possano provare, garantisce Francesco, è camminare a piedi scalzi sui prati di Coverciano, cullati dai ricordi azzurri che ognuno ha, e che per tutti sono rinfrescati dalle fotografie ben distribuite in tutta la palazzina affacciata sui campi. A breve poi Firenze diventerà una trasferta obbligata, non solo per un giusto omaggio davanti a quel memorial Astori che è diventata la recinzione dello stadio, dove sono appesi i messaggi dei tifosi non solo Viola per Davide Astori, ma anche perché in centro, quasi a rappresentare un segnale del Rinascimento del Pallone, nascerà il nuovo museo del calcio.

Poi? Davvero non c’è altro nella geografia dello sport italiano che meriti il riconoscimento di ambiente, ovvero di patrimonio comune da difendere e mettere in vetrina come ricchezza comune? In questi giorni in cui si è tornati a parlare di Olimpiadi, tutti guardano al futuro, come è giusto, ma è sbagliato dimenticarsi del passato. Il trampolino e il palaghiaccio di Cortina sono monumenti del Paese. La Palestra della Misericordia a Venezia o anche la Palestra dei Pompieri a Venezia sono altri luoghi magici. A Varese c’è un percorso che collega i punti importanti della storia dell’Ignis, poco lontano, a Cantù, c’è una piazza per gli eroi: sbagliato pensare che si tratti solo di basket. È un patrimonio culturale di tutti. Ma succede anche che a Torino, dove pure era stato firmato un contratto con il comitato olimpico che impegnava la città ad avere un museo olimpico, e dove il ricordo dei Giochi del 2006 è straordinariamente vivo, con i volontari di allora che sarebbero testimonial volontari di un ritorno dei Cinque cerchi in riva al Po, il museo olimpico è stato chiuso senza nessun tentativo di riaprirlo. Cosa tanto più strana quanto più si pensa alla cultura sportiva di tutto il territorio, e a un’esperienza museale unica in Italia, non solo per i classici sempre citati come il Museo Egizio e quello del cinema, ma anche per i numeri che macina la Juve nel suo museo all’Allianz Stadium.

Il fatto è che il Coni ha un’idea precisa, fin troppo, di quale sia il suo ambiente di riferimento e così si concentra sul territorio del presente, i palazzi delle federazioni, i campi e le palestre dove si svolgono le gare, dimenticando colpevolmente il passato.

Sarebbe bello allora che fin da subito il Coni si mettesse in marcia per il 2019, anno particolare, perché in ogni caso, candidatura italiano o meno per i Giochi Invernali del 2026, ospiteremo a settembre il congresso del Comitato Olimpico Internazionale, a Milano, e sarebbe bello lanciare due segnali ambientali. Uno appunto con un fidanzamento senza indugi con il Fai, l’altro proponendo l’istituzione di un centro che studi non il meteo, quanto piuttosto i cambiamenti climatici per come ormai influenti sullo sport di ogni tipo, non solo le discipline invernali, ma pure ad esempio la maratona (quella di Torino a novembre è stata corsa mentre da giorni i cittadini erano invitati a uscire il meno possibile per evitare le cattive condizioni dell’aria e lo smog schizzato oltre ogni limite).

Il Coni ce l’ha un gioiello da mettere al dito del Fai per un fidanzamento che non si dovrebbe nemmeno esaurire nelle Giornate di Primavera. E quel gioiello si chiama Foro Italico, un parco di 50 ettari su cui sorgono lo stadio Olimpico, lo stadio del Nuoto, il Centrale e i campi secondari (che sono pure più affascinanti) del tennis, luoghi che siamo abituati a frequentare con i tempi spicci e le passioni accese degli eventi sportivi e non a visitare con l’attenzione che meriterebbero. E, soprattutto, c’è quella meraviglia che è lo Stadio dei Marmi. Pensato per essere vietato al calcio, che in effetti ha residenza nel vicino Olimpico, progettato nel 1928, e completato 4 anni dopo, oggi lo Stadio dei Marmi è intitolato a Pietro Mennea. Così il ricordo del suo record del mondo sui 200, 19'72’, tutt’ora limite europeo, è come fosse custodito dalla sessantina di statue che circondano la pista, dono delle province italiane.

Non solo, a chiudere una camminata nell’area che il Coni di Malagò ha intelligentemente trasformato in una passeggiata in compagnia dei grandi dello sport italiano rappresentati da targhe che a terra, come all’Hollywood Walk, ricordano le loro imprese, si potrebbe persino organizzare una visita al palazzo H, il cuore del comitato olimpico, così detto perché la forma vista dall’alto è proprio quella della lettera. Il Salone d’Onore è stato appena rimesso a nuovo, fondendo il grande dipinto con Mussolini, che al di là di ogni considerazione politica è comunque una opera d’arte, con arredi moderni. La poesia, senza retorica, c’è dappertutto. Ad esempio, nel Salone d’Onore sono esposti i manifesti di tutte le edizioni dei Giochi Olimpici, e sul muro dietro al palco sono ricordati i successi più importanti dello sport italiano. Poi, c’è una stanza che non ha nulla da invidiare al Museo Olimpico di Losanna ed è quella dove sono custodite tutte le torce olimpiche, embrione di un Museo Nazionale dello Sport che prima o poi qualcuno realizzerà. Visto che siamo alla vigilia delle Giornate di Primavera, verrebbe da dire: Fai la cosa giusta, Malagò.

Luca Corsolini - Symbola

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