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Con l’affermarsi della mobilità elettrica, la produzione delle batterie a litio ha conosciuto un vero e proprio boom, destinato a crescere vertiginosamente nei prossimi anni. Gli analisti stimano infatti che entro il 2025 ci saranno 705mila tonnellate di batterie a litio esauste, e che entro il 2040 queste raggiungeranno i 9 milioni di tonnellate l’anno. Ad oggi, per riciclare e recuperare i numerosi metalli preziosi presenti in queste batterie si ricorre al processo pirometallurgico, nel quale vengono utilizzate grandi fornaci che raggiungono temperature tra i 700 e i 1.200 gradi. Il metodo idrometallurgico è più sostenibile, ma richiede comunque l’impiego di sostanze impattanti come reagenti chimici. AraBat, startup pugliese che fa dell’economia circolare e della green economy la propria mission, ha sviluppato un sistema di riciclo delle batterie a litio alternativo e profondamente conveniente, grazie a una tecnologia innovativa di idrometallurgia verde. Come funziona? Nel processo di riciclo vengono sostituiti tutti i reagenti inorganici con acidi organici (come l’acido citrico) e scarti biologici (come semplici bucce degli agrumi, derivanti dall’industria di trasformazione) che operano sinergicamente assistiti da un inedito sistema di supporto. In questo modo si riducono le diossine, si consuma meno energia e si ottiene un processo di riciclo doppiamente circolare che restituisce carbonato di litio, idrossido di cobalto, idrossido di manganese e idrossido di nichel di elevata purezza, pronti per essere rivenduti e riutilizzati come materie prime seconde.

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