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L'intervista a Giuseppe De Rita «Lo sviluppo dell'Italia deve partire dal Centro» ?Il fondatore del Censis: «Non c'è solo l'asse ?«Investire sulle aree del sisma. Gli atenei di Nord-Sud, il Paese cresca in orizzontale» Umbria, Marche, Abruzzo e Lazio si alleino» La rete fa la forza. L'Italia centrale come luogo di scambio di conoscenze e di condivisione di strutture, come punto di interconnessione tra le potenzialità industriali, manifatturiere, culturali, digitali, turistiche delle varie zone dell'Appennino delle Marche, dell'Umbria, della dorsale adriatica fino all'Abruzzo e includendo ovviamente il Lazio, rappresenta una grande chance per l'intero Paese. Perché non coglierla? Perché non lavorarci davvero? E' quello che stanno facendo un insieme di soggetti territoriali e istituzionali e molti di questi dall'Anci a Poste Italiane, da Coldiretti a Telespazio, dall'università La Sapienza a Confagricoltura, dal ministero della Cultura a Europa Finanzia, da Hamu, Symbola e Cna ad aziende private si sono incontrati in un seminario a porte chiuse ma con idee apertissime al Censis fondato da Giuseppe De Rita. Titolo: «Dal cratere all'Italia centrale». Proposta: candidare l'area del cratere, ossia le zone del terremoto umbro-marchigiano del 2016, a capitale della cultura europea 2033. Professor Giuseppe De Rita, che cosa vi siete detti in questo seminario? «Abbiamo fatto un ulteriore passo in avanti sulla nostra linea, secondo cui l'Italia centrale è lo scheletro del Paese. E senza scheletro, il corpo non regge. Dopo il terremoto nell'Appennino ci siamo attivati sempre di più, come Censis e insieme alla Fondazione Merloni e ai commissari per il sisma, da Legnini a Castelli, per il potenziamento di questa parte importantissima della Penisola. La ricostruzione va avanti, ma ora serve attivare ancora energie sul cratere e verso una piattaforma comune per l'Italia centrale. Tutte le sue aree, a cominciare da quelle interne, vanno messe in rete. Integrare ancora di più Umbria e Marche. Lavorare, anche dal punto di vista di infrastrutture, sul potenziamento dello sviluppo orizzontale. Si è sempre pensato all'asse Nord-Sud, ma occorre concentrarsi anche e sempre meglio sull'asse Est-Ovest della nostra Italia. Non va pensato soltanto un Paese verticale, ma anche un Paese a dimensione orizzontale». Come si rafforza l'orizzontalità? «Bisogna approfittare del cratere, che ha creato l'attenzione dell'opinione pubblica, dell'imprenditoria e della politica, e cercare di integrare le forze territoriali e di collegare quest'area con i processi nazionali in corso». Per esempio? «Andrebbero anzitutto create alleanze tra le università dell'Umbria, delle Marche, dell'Abruzzo e del Lazio, che siano di tipo pragmatico per fare le cose». Quali cose? «Serve una politica d'intervento pubblico speciale per l'Italia centrale. Questa è l'idea del commissario Castelli e credo sia giusta». Un'Agenzia per l'Italia centrale? «È difficile montarla in tempi brevi. Cominciamo con una piattaforma d'integrazione tra atenei, tra le politiche idriche, le politiche del legno e del bosco, le politiche imprenditoriali e commerciali e soprattutto del turismo». Non servirebbe, a fini anche turistici, un potenziamento del porto di Civitavecchia? «Sta sviluppando un rapporto di grande forza verso Orte. E Orte, con i suoi collegamenti con Roma e con Civitavecchia, fa pienamente parte di questa piattaforma di scambi, di traffici, di crescite, dell'Italia centrale». Roma, per sviluppo macro-territoriale, che cosa può fare? «Può pensare». Soltanto questo? «È moltissimo». Cioé? «Alle università romanè spetta un ruolo di guida del processo. Se siamo intelligenti, la Capitale deve fare soprattutto intelligenza per lo sviluppo di questa vasta area. Si pensa sempre a Roma come a quella che mette i soldi perché c'è il governo. Io credo che vanno messe in primo luogo le idee e le capacità di realizzarle. Il ruolo della Capitale è quello del stimolo e della sintesi in chiave macro-regionale e nazionale». L'esistenza del Pnrr aiuta? «Guardi che chi lavora sul territorio vede il Pnrr come un meccanismo calato dall'alto. Si basa sulla conversione ecologica e digitale, mentre il territorio ha bisogno di crescere in quanto territorio e non come palestra di conversioni settoriali, molto spesso verticalizzate e elitarie». Esiste ancora, e quanto esiste nelle fasce centrali del Paese, il mito dell'Italia laboriosa? «Non è un mito, ma una realtà. Esiste un'Italia auto-propulsiva, che è l'Italia che diventa quotidianamente e che fa crescere l'intero sistema. Noi siamo il Paese che va oltre continuamente. L'imprenditore che produce sa che deve produrre qualcosa di nuovo e di oltre. L'Italia, dalla ricostruzione post-bellica in poi, è cresciuta con una filosofia della prassi che è quella dell'oltre. Nell'Italia centrale l'oltre è ben vivo perché deve andare oltre quello che c'è e ha tutte le potenzialità per fare questo salto ragionato e lungimirante che è nell'interesse di tutti».

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De Rita: "Il Centro deve essere il motore d'Italia" | Il Messaggero

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