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di Luca Corsolini   

Bisogna proprio parlare di barca. Perché così come non si può fermare il mare con un astioso parlare di barconi, così non bisogna tacere dello stato di salute di un comparto industriale tipicamente italiano (quando non si mettono di mezzo i francesi come per Fincantieri).

Già si parla, ad esempio, del prossimo Salone Nautico di Genova, che pure aprirà solo il 20 settembre (per chiudere il 25): dieci sezioni, compreso il Redwall che vale come tappeto rosso steso per la sfilata in vetrina delle novità della produzione mondiale. Carla Demaria, il presidente di Ucina, il comparto confindustriale di settore, che organizza l’evento, giunto alla 58esima edizione, nel suo bi-lancio di previsioni mescola dati con altre iniziative, ad esempio l’istituzione della Giornata del Mare nelle scuole, ma in sostanza dice: “E’ il terzo anno di crescita a due cifre per il settore, ma ciò che conta è la crescita del mercato interno”.

Lontani insomma i tempi del Salva Italia che fece scappare dai nostri porti tante barche, e dagli con le coincidenze, il 2017 è stato chiuso con un eloquente più 12%. E così lo slogan che accoglierà i visitatori a Genova sarà Benvenuti a casa. Forse si poteva dire persino ben tornati.

Così come è tornato sui suoi passi Patrizio Bertelli: quella del 2021, e già ci si pensa, perché qui non è solo questione di barche ma anche e soprattutto di tecnologie, e di budget faraonici, sarà la quinta Coppa America per il capo di Prada: per il settantesimo compleanno di una manifestazione travolta e forse pure stravolta da troppi cambi regolamentari nelle ultime edizioni ha comunque, fino a farci vedere dei catamarani che sembravano davvero le Formula 1 del mare, Luca Rossa sarà il Challenge of Record. Ed è proprio nell’America’s Cup che si specchia il mondo nautico: quando l’equilibrio tra tradizione e modernità si spezza, le vele non si gonfiano.

Quello che non succederà a Trieste per la cinquantesima edizione della Barcolana che dopo il record di partecipanti registrato lo scorso anno non ha più bisogno di altre certificazioni: basta avere una imbarcazione, come dicono gli organizzatori, per essere i benvenuti.

E allora si può guardare a cosa succede intanto nel mercato. Anche qui, e ci mancherebbe altro, le start up hanno un posto speciale in vetrina. Daniele Mingucci è il fondatore di Stramba: non è solo un verbo tecnico, è proprio una dichiarazione di identità, visto che la barca a vela della start up nata nel 2014 ha un albero a forma di U rovesciata. Ma tanto Stramba non è poi se d’ora in poi, seguendo l’esempio di Mingucci, non si stramberà più. Intanto lui lavora con l’Università di Bologna per affinare il progetto, e con i Cantieri Zuanelli di Padenghe sul Gara per la produzione della barca. Sarà un prodotto di nicchia, intanto la somma raccolta grazie a investitori privati interessati al progetto ha già superato quota 1 milione.

A Venezia invece la start up si chiama Classic Boat, e il bello è che nel team che lavora al progetto sono tutti under 30. Tutti usano barche veloci, in vetroresina? La risposta di Classic Venice è affidata alle vecchie topette, barche da laguna, su cui viene montato un motore elettrico, un’idea che Benjamin Zwerenz, tedesco, ha portato a Venezia assieme alla sua esperienza in Torqeedo, una azienda specializzata. Va da sé che la scelta elettrica non riguarda solo il motore, è un manifesto del navigar che ci è dolce in questo mare se non lo inquiniamo, in laguna poi, e se invece che prenderlo a schiaffi lo carezziamo andando a 10 km all’ora. Giuseppe Baldini a 28 anni ha la saggezza che altri non avvicinano nemmeno dopo tanti decenni in più: “Sono i giovani, siamo noi giovani i primi ad aver risposto all’appello: stiamo riscoprendo la tradizione. Speriamo lo capisca anche quella Venezia che, esasperata da traffico e masse, ormai odia tutti i servizi turistici. Noi lo facciamo slow, andiamo piano, salviamo l’ambiente e garantiamo un futuro ai lavoro del passato”.

Luca Corsolini - Symbola

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