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di Domenico Sturabotti e Alessandro Magini

Nata nel 1983 come piccolo laboratorio a conduzione familiare per la produzione di prodotti per capelli, oggi Davines è una realtà presente in oltre 90 paesi, con sedi a New York, Londra, Parigi e Hong Kong. Quale sono state le tappe che hanno portato l’azienda ad affermarsi come una realtà d’eccellenza nel mondo della cosmetica?

La nostra storia inizia con un piccolo laboratorio di ricerca e produzione conto terzi per la cura dei capelli: era il 1983 e l’anno scorso abbiamo celebrato il nostro quarantesimo anniversario.

Tutto accade a Parma grazie ai miei genitori Silvana e Gianni Bollati: mia madre creava i prodotti e mio padre girava l’Italia con un furgoncino per venderli. Nei dieci anni successivi l’azienda si è strutturata sempre più, perfezionando e consolidando le proprie competenze.

Sono rientrato a Parma nel 1992 dopo una specializzazione in Cosmetologia a New York e studi ad Harvard e ho voluto apportare il mio contributo nella definizione di una nuova strategia per l’azienda: da produttori conto terzi ad azienda di marca con il marchio Davines, dedicato al mercato professionale dell’hair care, seguito nel 1996 dalla divisione cosmetica per spa, terme e centri estetici qualificati. Su questi due brand abbiamo concretizzato la nostra crescita negli anni a venire.

Ho iniziato il mio percorso in Davines nel Laboratorio di Ricerca e Sviluppo, per affrontare successivamente le sfide del marketing e della distribuzione internazionale, sino a ricopre l’attuale ruolo di Presidente.

La sostenibilità è stata il fil rouge che ha sempre guidato il nostro operato e soprattutto le nostre scelte. Nel 2006 abbiamo iniziato ad utilizzare il claim “Sustainable Beauty” per Davines e, da allora, il nostro impegno è stato crescente e costante: nel 2016 siamo diventati una B Corp e anche oggi conduciamo una strategia che si ramifica da una visione rigenerativa della sostenibilità attraverso 4 “pillar”: decarbonizzazione, circolarità, biodiversità e acqua.

Quali sono i numeri del Gruppo Davines a oggi? Quali dimensioni ha raggiunto l’azienda? (Fatturato, numero di dipendenti, esportazioni, presenza internazionale, sedi in Italia e all’estero).

Ad oggi siamo presenti in oltre 90 paesi nel mondo con entrambi i brand. Il nostro primo mercato si sono confermati gli USA – dove abbiamo una filiale a New York.

Abbiamo inoltre chiuso il 2023 con risultati eccellenti e un fatturato di oltre €260 milioni (dati di preconsuntivo), in aumento del 14% rispetto al 2022.

Oggi la nostra community è composta da più di 900 collaboratori, di 40 nazionalità diverse, localizzati nelle nostre sedi. Oltre al Davines Group Village a Parma abbiamo uffici anche a New York, Deventer (Olanda), Parigi, Città del Messico, Londra, Shanghai, Hong Kong e Düsseldorf.

Cuore pulsante dell’azienda è il Davines Group Village, uno spazio alle porte di Parma in cui si fondono architettura, design, agricoltura e ricerca. Come è strutturato? Quali attività vengono svolte al suo interno? 

Il Davines Group Village, inaugurato a Parma nel 2018, è la concreta espressione dei nostri valori chiave: bellezza, sostenibilità e benessere. Il progetto architettonico è stato curato da Matteo Thun e Luca Colombo di MTLC. Attraverso questa struttura si esprime a pieno l’anima del nostro Gruppo: la volontà di porre al centro il benessere di chi vi lavora e la creazione di un luogo dove etica ed estetica convivono in armonia ed equilibrio

Il Village ricompre un’area di 77.000 metri quadrati, di cui il complesso edilizio di estende per circa 11.000 metri quadrati e comprende spazi dedicati agli uffici, alla formazione, al laboratorio di Ricerca e Innovazione, allo stabilimento produttivo e al magazzino. La struttura del Village è stata concepita e sviluppata partendo dal concetto di “casa”, per enfatizzare le nostre profonde radici familiari.

Le aree verdi del Davines Group Village sono state progettate dallo studio Del Buono Gazerwitz. Tra queste, la più importante è il Giardino Scientifico, il nostro laboratorio a cielo aperto, circondato da un Arboreto, una selezione di piante provenienti da tutto il mondo che rappresenta la nostra comunità internazionale, in modo che la ricchezza culturale e la diversità del Gruppo Davines possano essere simbolicamente mostrate nel Village. La natura ispira la nostra ricerca scientifica e facilita anche la ricerca interiore, offrendo possibilità di contatto profondo con la natura e una sensazione di benessere.

Un legame con l’ambiente, quello di Davines Group, che è da sempre un punto fermo nelle politiche aziendali. Ad oggi, infatti, l’azienda è certificata B-Corp ed è una Società Benefit. Nel 2022 avete firmato l’impegno con SBTi (Science Based Targets initiative) per limitare il surriscaldamento globale e ridurre le emissioni di CO2, quali investimenti e quali politiche sono previste per raggiungere questi obbiettivi?

Siamo una B Corp dal 2016 e a dicembre 2023 abbiamo ottenuto la nostra seconda ricertificazione, con un punteggio di 123.5, nettamente superiore alla media delle certificazioni nel nostro settore che si aggirano attorno ai 93.8 punti.

Per quanto riguarda il piano di investimenti per ridurre le nostre emissioni di CO2 è attualmente in elaborazione ed è un progetto che coinvolge a 360 gradi tutta la nostra realtà aziendale. Ad oggi stiamo ultimando il processo di submission con SBTi (Science Based Targets Initiative) e il nostro obiettivo è la definizione, e il conseguente raggiungimento, del target di riduzione delle emissioni di CO2.

Le politiche strategiche attraverso cui, come Gruppo Davines, ci impegniamo a raggiungere questo target di riduzione riguardano l’ottimizzazione della logistica e l’utilizzo di mezzi a ridotto impatto ambientale, la definizione di una strategia di mobility management, il definitivo abbandono di materiali vergini per la realizzazione dei nostri packaging, un lavoro di ricerca e sviluppo di ingredienti da agricoltura biologica rigenerativa per le nostre formule e l’autoproduzione di energia elettrica rinnovabile attraverso un impianto agrivoltaico.

Nel 2022 abbiamo fondato EROC, European Regenerative Organic Center, in partnership con il Rodale Institute e situato di fronte al Davines Group Village a Parma. EROC è il primo centro europeo di ricerca e formazione sull’agricoltura biologica rigenerativa e sarà la sede delle nostre attività di ricerca per lo studio di nuovi ingredienti coltivati secondo i principi di questo tipo di agricoltura, rispettosa del suolo e capace di stoccare carbonio nel suolo, e per l’installazione dell’impianto agrivoltaico.

Quali misure avete adottato per l’approvvigionamento energetico?

A fine 2022 il 99.7% dell’energia elettrica consumata proveniva da fonti rinnovabili, in parte autoprodotta, in parte acquistata attraverso certificati di garanzia di origine.

Il nostro obiettivo al 2030 è aumentare la quantità di energia elettrica rinnovabile autoprodotta per mezzo dell’installazione dell’impianto agrivoltaico in EROC, di cui sopra.

Per quanto concerne il consumo di energia termica nei processi produttivi, il nostro obiettivo per il 2030 è l’avviamento di un percorso di decarbonizzazione dell’energia termica, continuando le nostre attività di ricerca e studio sulle ultime tecnologie al riguardo.

Oltre a ridurre le emissioni durante i processi produttivi, i vostri stessi prodotti sono pensati per ridurre o addirittura azzerare l’impronta carbonica. Dal 2020, infatti, il vostro negozio online offre spedizioni carbon neutral agli acquirenti, senza costi aggiuntivi. In che modo le spedizioni riescono ad essere a impatto zero?

Alla luce del nostro impegno la riduzione e l’azzeramento delle nostre emissioni sono una priorità: dal 2021 infatti misuriamo e monitoriamo il 100% delle nostre emissioni (scope 1,2,3). Dove possibile, ci impegniamo a ridurre le emissioni dei nostri uffici e del nostro stabilimento produttivo a Parma tramite l’efficientamento energetico e l’impiego di energia da fonti rinnovabili.

Nello specifico dei nostri e-commerce in Italia e negli USA, abbiamo un sistema di calcolo delle emissioni associate ad ogni spedizione effettuata, le cui quantità vengono neutralizzate attraverso l’acquisto di crediti di carbonio certificati Plan Vivo relativi a progetti di riforestazione e afforestazione, che permettono l’assorbimento di CO2 attraverso il supporto di due no-profit, in Etiopia e in Messico.

Gli stessi prodotti, poi, sono pensati per ridurre al minimo l’utilizzo di materiali inquinanti a partire dal packaging. Ci sono specifici progetti di ecodesign per il packaging? Quali materiali privilegiate?

Progettiamo gli imballaggi dei nostri prodotti seguendo i principi dell’economia circolare; nel 2011 abbiamo redatto una “Carta per la ricerca sul packaging” e seguiamo fedelmente i principi dell’ecodesign: consumare meno materiale, semplificare il design, preferire materiali riciclati o da fonti rinnovabili, facilitare il riciclo dei nostri packaging e ottimizzare gli spazi per la distribuzione logistica dei nostri prodotti.

Il nostro obiettivo è l’abbandono della plastica vergine: dal 2014 al 2022 abbiamo evitato 903,3 tonnellate di plastica vergine fossile grazie all’utilizzo di plastica riciclata o da fonti rinnovabili nella realizzazione dei nostri packaging.

Dal 2021, inoltre, collaboriamo con la realtà di Plastic Bank. Nel 2022, per ogni prodotto venduto attraverso i nostri brand abbiamo raccolto la stessa quantità di plastica dalle zone costiere di Indonesia, Filippine e Brasile, per un totale di 779 tonnellate. Lo stesso impegno è stato rinnovato anche per il 2023. Siamo convinti che se tutte le aziende, delle nostre dimensioni o anche più grandi, prendessero questo impegno, la quantità di plastica dispersa nell’ambiente a livello mondiale si ridurrebbe drasticamente.

In che modo il Gruppo Davines riesce a coniugare competitività e sostenibilità nella propria strategia?

Siamo convinti che perseguire la sostenibilità spesso non sia la scelta più facile e che questo possa scoraggiare molte aziende a intraprendere questo percorso. Tuttavia, riteniamo che oggi più che mai sia l'unica scelta possibile per garantire un futuro alle prossime generazioni in un contesto globale e sociale sempre più sfidante.

Come B Corp, crediamo fermamente in una cooperazione “pre-competitiva” - che considera il benessere del nostro pianeta e delle persone al di sopra del profitto.

Nel gennaio 2022 siamo stati tra i fondatori della B Corp Beauty Coalition, che oggi comprende quasi 90 aziende a livello internazionale. L'obiettivo di questa coalizione è quello di promuovere e migliorare gli standard sostenibili, attraverso la condivisione di know-how e best practice, all'interno dell'industria della bellezza.

Allo stesso tempo abbiamo rafforzato l'approccio scientifico e trans-settoriale di EROC, stringendo diverse partnership con importanti aziende del food. Ne è un esempio la collaborazione recentemente stretta con Barilla per il progetto “Bello e Buono”, che si pone l’obiettivo di sviluppare sistemi e pratiche agricole in grado di migliorare salute e biodiversità del suolo. Siamo convinti, in coerenza con il nostro approccio stakeholder-driven, che solo unendo le forze si possa fare la differenza.

È stato fatto un calcolo per quantificare le tonnellate di CO2 non emessa ogni anno nell’ambiente grazie alle vostre politiche di sostenibilità?

Come riportato nel nostro ultimo Rapporto di Sostenibilità 22/23, limitando l’utilizzo di materiale vergine per la realizzazione dei nostri packaging, prediligendo quello riciclato o proveniente da fonti rinnovabili, abbiamo evitato di emettere 1.827 tonnellate di CO2 dal 2014 al 2022.

Infine, per neutralizzare le residue emissioni, avete avviato dei progetti di neutralizzazione carbonica. Come funziona il progetto EthioTrees?

Dal 2021 supportiamo due progetti per la neutralizzazione delle emissioni che non riusciamo ancora ad azzerare attraverso il nostro impegno: Ethiotrees e Scolel’te. Entrambi sono certificati Plan Vivo e si fondano su attività di imboschimento e riforestazione, che beneficino anche le popolazioni locali.

Nello specifico, Ethiotrees supporta la rigenerazione del suolo e delle foreste nella regione settentrionale del Tigray (Etiopia) e dal 2022 si è esteso all’area di Dawsira e distretti vicini. Scolel’te, d’altra parte, supporta il rimboschimento e l’agroforestazione nella regione di Chiapas in Messico, offrendo al contempo benefici sociali alle comunità locali.

 

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