Plastiche riciclate o persino recuperate nei mari, tessuti realizzati con cascami di scarto, nuove fibre vegetali, oggetti biodegradabili per la tavola: la lista di nuovi materiali per rendere il design sostenibile si allunga di giorno in giorno, sulla spinta di un dibattito che negli anni più recenti ha coinvolto in tutto il mondo aziende e progettisti e con l'aiuto di una ricerca scientifica spesso all'interno delle università come il Poli.design del Politecnico di Milano che sta dando risultati stupefacenti. Iniziative come il progetto Ro Guiltless Plastic promosso da Rossana Orlandi per dimostrare come si possano creare oggetti di design con la plastica riciclata, o una mostra-indagine come 'Cambio', realizzata alla Serpentine di Londra dal duo Formafantasma sulla storia della filiera del legno e il ruolo e le responsabilità del design per una politica ecocompatibile, sono gli esempi più recenti di quanto il tema della sostenibilità sia percepito come urgente nel mondo del progetto. Come sempre in questo campo, la vetrina del design italiano offre prodotti al massimo livello di qualità e creatività, in una gara tra i principali brand a tracciare per primi la strada di una produzione industriale che, nel giro di pochi anni, detterà legge nel mercato assecondando le scelte di una nuova generazione di consumatori sempre più vigili sull'impatto ambientale anche dei prodotti d'uso di cui si circondano.
Ma alle spalle di questa magnifica vetrina c'è una realtà industriale molto composita e frammentata, rappresentata dalle 12 associazioni statutarie e sei associazioni di professionisti, per un totale di oltre 2.100 imprese, riunite nella federazione FederlegnoArredo che dallo scorso novembre ha un nuovo presidente, Claudio Feltrin, con in testa un'idea fissa: far diventare, da qui al 2030, la filiera italiana del legno e del mobile leader europeo nel design, nella sostenibilità e nell'economia circolare. Feltrin, imprenditore trevigiano, che con la sua azienda di design Arper costruisce sedie e tavoli per gli uffici, altri ambienti collettivi e la casa, ha già mostrato molta determinazione nell'affrontare le questioni legate alla sostenibilità nella gestione della sua impresa e come presidente di Assarredo dal 2017 al 2019. Ora però ha a che fare con una galassia di aziende assai diverse per tipo di produzione, fatturato e interessi di mercato. Arredo per la casa, l'ufficio o il bagno, tende da esterno e da interno, allestimenti fieristici, illuminazione, imballaggi, materiale di legno per l'edilizia, pannelli di legno: gran parte di ciò che utilizziamo nella nostra vita quotidiana è rappresentato in FederlegnoArredo, compresi i cofani funerari per l'ultimo viaggio. Nel suo insieme, secondo i dati del Centro studi di FederlegnoArredo, la filiera occupa oltre 311mila addetti e nel 2019 ha realizzato un valore di produzione di 42,5 miliardi di euro, di cui 16,6 miliardi destinati all'export (pari al 39% del totale produzione). Rappresenta il 4,5% del fatturato manifatturiero italiano, il 15,2% delle imprese e 1'8,4% degli addetti; ed è uno dei settori più importanti per saldo commerciale attivo, con 8,1 miliardi di euro.
Al suo interno il macrosistema arredamento quello che produce il nostro formidabile design vale 27,5 miliardi di euro, di cui 13 destinati al mercato nazionale e 14,5 all'export con Francia, Germania e Stati Uniti come principali mercati di esportazione. Secondo il Rapporto Green Italy 2020, realizzato dalla Fondazione Symbola, l'industria italiana del legno arredo è prima in Europa in economia circolare: il 93% dei pannelli truciolari prodotti in Italia è fatto di legno riciclato contro 1'84% del Belgio, il 60% della Danimarca, il 59% della Germania, il 50% della Francia. Inoltre, produce meno emissioni alteranti del clima degli altri grandi Paesi europei: 26 chilogrammi ogni 1.000 euro di produzione, a fronte dei 43 della Germania, dei 49 della Francia, dei 79 della Gran Bretagna e degli oltre 200 della Spagna. E per quanto riguarda il materiale principe della filiera, gran parte del legno utilizzato proviene da boschi o piantagioni certificati Pefc e Fsc, che garantiscono una gestione corretta e responsabile secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici. Sono dati che, come spesso capita in Italia, rivelano un Paese più virtuoso di quanto immaginiamo.