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di Luca Corsolini   

La foresta di Stradivari: esiste almeno da quando il più celebre dei liutai di Cremona e i suoi discepoli l’hanno scoperta. Ha smesso di essere un segreto, e più o meno tutti ne avevamo una percezione generica, ovvero ne conoscevamo l‘esistenza anche se non sapevamo di preciso dove fosse. Poi arriva l’alluvione nel Triveneto, anche nella zona della val di Fiemme dove ci sono gli abeti che diventano musica, e all’improvviso il futuro ci fa paura: non in quanto tale, ma proprio perché abbiamo visto scomparire il passato, un passato a cui ormai eravamo abituati.

Le aziende, diciamo pure le fabbriche, non sono diverse dall’ambiente, proprio in quanto ambienti a loro volta. Barzago, vicino Lecco, aveva cominciato a essere un punto certo sulle carte geografiche nel 68, e, ovviamente, ancor più negli anni seguenti. Perché a Barzago c’era la foresta, un mix di tanti ingredienti, dunque alberi con tanti rami diversi, di Mario Agrati che con un suo senso di poesia aveva chiamato la sua azienda Fantic per richiamarla a Fantastic. I violini che uscivano da Barzago avevano un nome da eroe sudamericano, come andava di moda nel 68: si chiamavano Caballero, la moto da regolarità si diceva allora, oggi parleremmo di enduro, che è stata il sogno di intere generazioni di italiani e non solo. Poi, nel 95, il fallimento, per fortuna non l’inizio della fine, ma di sicuro un temporale molto più forte degli altri: cessa perfino la produzione, il futuro comincia a far paura perché è sparito il passato su cui era appoggiato.

L’ambiente, lo sappiamo oggi, lo sappiamo ma ancora non teniamo sempre comportamenti conseguenti, lo dobbiamo coccolare se non vogliamo che si ribelli. Anche le aziende devono essere coccolate, e le dimostrazioni di affetto devono essere mantenute nel tempo, aggiornate. Quest’anno la Fantic Motor sta festeggiando i suoi primi cinquanta anni in pompa magna, neanche ci fosse un concerto di Stradivari in sottofondo, perché l’ambiente Fantastic del 68 è stato ricreato in Veneto, e ovviamente non c’è nessuna pretesa di suggerimento su dove far rinascere, per analogia, la foresta degli abeti. Prima l’intuizione di un imprenditore, poi l’arrivo di VeNetWork, che è un acceleratore di opportunità, hanno restituito il futuro alla Fantic Motor e ai suoi tanti tifosi e clienti. E’ cambiato qualcosa ? Poco, anche se in realtà adesso il Caballero si chiama E-Cab ed è elettrico, anche se adesso dalla linee di produzione escono più ebike, segno dei tempi, ebike e emountainbike, che moto come una volta. Addirittura il prodotto di punta, con nome superlativo, è Issimo, una moto-city bike che abbina una trasmissione da bicicletta a un motore elettrico da 36 volt.

Era Fantastic l’intuizione di Agrati, è un bel manifesto quello di VeNetWork: 56 imprenditori che rappresentano circa 2 mila aziende, una forza lavoro di 4 mila dipendenti, un universo che si rimbocca le maniche quotidianamente chiedendosi, come fece Kennedy per primo, non che cosa il Paese possa fare, ma piuttosto quello che si può fare per il Paese.

In questo sì c’è un’analogia con quel che e’ successo nel Triveneto e in Italia, e che magari smetterà di succedere se avremo un approccio da nuovi... Caballero: bisogna saper ripartire, bisogna avere una idea di futuro che sia precisa perché ispirata a un passato certo, bisogna chiedere, come pretendono quelli di VeNetWork da chi presenta un progetto, che il propositore sia direttamente coinvolto e che ci sia una ricaduta occupazionale. E poi, con quella impennata non strafottente ma identitaria che volevamo fare tutti: quelli che avevano il Caballero e quelli che lo sognavano. E che adesso devono riattaccare la spina per continuare il sogno e aggiornarlo facendolo diventare elettrico.

Luca Corsolini - Symbola

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