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di Luca Corsolini   

Quando finalmente si poseranno le carte, vedremo chi ha vinto tra Giorgetti, dunque il governo, e Malago’, dunque il Coni. Che si aspetti un risultato è la dimostrazione che si parla di sport; che ci saranno un vincitore e uno sconfitto svela invece la natura molto politica della partita che si svolge attorno ai destini dello sport italiano, partita che mette in palio i 400 milioni e rotti che il governo garantisce al momento al Coni e che in futuro si vorrebbe divisi tra lo stesso Coni per la preparazione olimpica e per la nascente società Sport Salute che si dovrebbe occupare dello sport di base. Il paradosso è che questi soldi rappresentano solo la parte emersa di quell’iceberg che è lo sport, un mercato ben più largo di quello misurato dal Coni che si occupa di sport praticato, per di più ad alto livello, perché è persino difficile riconoscere gli sportivi praticanti quotidiani un distretto grande come il Paese come dimostra il fatto che Milano e Cortina stanno per andare insieme a Tokyo a presentare la candidatura italiana per i Giochi Invernali del 2026. Altro paradosso è che, impegnato in questa trattativa, il Coni non si è accorto della polpetta avvelenata che il governo stava preparando.

Non sono solo questioni di Palazzo, ma sono dibattiti che sfiorano soltanto lo sport praticato, prodotto, progettato. Si parla comunque di montagna e davvero, dopo quello che e’ appena capitato, da noi e non solo, dopo che le ultime edizioni dei Giochi Invernali hanno avuto inevitabili problemi meteo, non sarebbe male se nel meritarsi le Olimpiadi del 2026, curiosamente a 70 anni da Cortina e a 20 da Torino, lo sport italiano regalasse al mondo un centro studi dedicato ai cambiamenti climatici per come impattanti anche sullo sport, e non solo quello invernale.

Intanto, ci sono delle evidenze. Il popolo di quanti amano la neve è stimato in almeno 120 milioni di persone nel mondo. Il mercato vale 146 miliardi, ovvero non si tratta dei famosi bruscolini. E quando si parla di mondo dobbiamo intendere che in realtà il 50% di questi numeri è legato alle Alpi, cioè a casa nostra. Sportit, una srl milanese, lo sa talmente bene che ha lanciato Snowit, l’ennesima app penserà qualcuno, il geniale uovo di Colombo nella valutazione dei 400 mila utenti che in questo servizio hanno trovato finalmente riuniti tanti soggetti e tanti servizi diversi, dalle stazioni sciistiche ai partner, intesi come fornitori di prodotti ma anche di servizi.

Insomma, tutto il mondo di cui sopra è a portata di mano secondo la classica logica esperienziale della new economy: sciatori e snowboarder trovano allo stesso indirizzo lo skipass e la camera di albergo da prenotare, e in più grazie a una funzionalità specifica di Snowit, ammessa al Web Summit di Lisbona proprio per il suo carico di innovazione, possono persino misurare ed esibire i dati relativi alle proprie performance. Ferita ma non piegata dalle ultime alluvioni, per inevitabile e antica abitudine a rapportarsi con il clima, la montagna è insomma oggi la punta avanzata di un Paese che prova a resistere ai rallentamenti della politica, che si inventa stagioni nuove per non dover vivere solo di neve. Prendiamo Livigno: attorno alle sue piste per lo sci di ogni tipo ha voluto dotarsi di attrezzature che giustificano la candidatura a centro di allenamento in altura per lo sport, italiano e non solo, perché vivere sulle Alpi significa avere un rapporto maturo con i confini, li conosci e li riconosci ma non sono solo limiti, possono diventare anche opportunità.

Snowit davvero non è solo una app, è un mondo che adesso, grazie alle nuove tecnologie, rimedia ad anni di ritardo capendo di doversi presentare come un insieme e non come tanti indirizzi diversi. In fin dei conti, è l’ennesima, e certamente non l’ultima, lezione che arriva al Paese dalla montagna. In attesa dei Giochi ma con la piena consapevolezza che prima del 2026 dovranno succedere ancora tante cose.

Luca Corsolini - Symbola

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