Finiscono in questi giorni in Corea i Giochi Olimpici Invernali, una dimostrazione di potenza per niente arrogante da parte di un Paese che ha capito da tempo come rimediare alla sua mancanza di risorse e di peso politico investendo massicciamente sulla formazione, sempre, e, negli ultimi anni, sull’Ict, l’Information Communication Technology.
Ma i Giochi Olimpici sono soprattutto, oggi, un ponte che unisce culture diversi, Paesi e dunque operatività diverse. E allora partiamo da questa suggestione unendo due realtà profondamente diverse come le Olimpiadi e il calcio professionistico fino a trovare la classica eccellenza italiana, questa volta in Brianza.
Da un lato del ponte ci sono le Olimpiadi, un grande evento che è tenuto in piedi dai diritti tv, principalmente, e dagli sponsor che però non hanno nessuna visibilità sui campi di gara. Si sono presi le vicinanze, legittimamente, per le loro attività, ma all’interno di stadi e palasport si vede solo un marchio: i cinque cerchi olimpici.
Mediapro, l’agenzia spagnola che ha appena comprato i diritti tv della serie A di calcio italiana, nel motivare il suo investimento ha ovviamente anche svelato alcune delle tecniche con le quali intende valorizzare il prodotto. Taglio dell’erba dei campi uguale dappertutto, con stessa altezza e stessa direzione dei tagli. Ma anche, e qui c’è una differenza con le Olimpiadi, massimo attenzione alla pubblicità presentata a bordo campo dai led. In particolare, per il cosiddetto secondo giro di led è raccomandato che il fondo sia dello stesso colore dappertutto e per ogni partner.
Arriviamo in Brianza. A Cantù in particolare. Quando in una provincia una squadra e uno sport, nel caso specifico il basket, diventano un fenomeno, e nemmeno hanno bisogno dei risultati che pure la Pallacanestro Cantù ha ottenuto per sé e per il suo territorio vincendo, unica in Europa, dieci coppe continentali, si sviluppa attorno alla squadra tutta una economia. Alberghi per le squadre in trasferta, ristoranti. E poi la produzione più strettamente collegata allo sport. Guarda caso, due aziende vicino a Cantù sono entrambe nate nel ‘62 e hanno percorso lo stesso cammino della squadra di basket. Sono la Panzeri, abbigliamento sportivo: Panzeri veste lo sport è uno slogan che tanti per non dire tutti gli sportivi conoscono in Lombardia. E la Bertelè che, nata per intuizione del capo famiglia, Enzo, laureato e docente di letteratura, è diventata oggi un’impresa che occupa quattro aree diverse. La Seat, come dice il nome, realizza sedute e seggiolini per gli impianti sportivi. La Telescopic si occupa di tribune, permanenti e non, come quelle che servono ormai per ogni tipo di eventi. La Sport si occupa di quanto serve primariamente per gli sport indoor, dai canestri alle porte per capirci.
La storia è ricca non solo di capitoli ma anche di impegni propositivi assunti a beneficio pure di altre aziende. Già nel 63 la Bertelè firmo’la prima fornitura per la Fidal, nel 74 presentò il primo tabellone elettronico, nell’89 fornì i seggiolini per l’allora Stadio delle Alpi, trasformatosi oggi nella Allianz Arena della Juventus. Nel ‘93, saldandosi direttamente con l’icona storica della Pallacanestro Cantù, Pierluigi Marzorati, prima capitano in campo e poi ingegnere all’opera a tutto campo, ha contribuito in modo decisivo a far nascere il Centro studi della Fiba, la federazione mondiale di basket, guidata all’epoca, curiosa coincidenza, dall’ex allenatore del primo scudetto brianzolo con l’Oransoda, Boris Stankovic.
Dicevamo che l’azienda di Enzo si è sviluppata in quattro direzioni diverse. Mancava ancora al nostro appello la Bertelè Electronics, la prima azienda italiana nella produzione di Led Video. È proprio il caso di dire che siamo, qui, lontani anni luce dagli esordi. Oggi i Led non sono più semplicemente il contenitore più moderno per la pubblicità, sono un contenitore che diventa anche contenuto, insomma un vero e proprio mezzo di comunicazione. Di più, un modo di comunicare in uno sport in cui lo spettatore è sempre più spettattore, e fate attenzione alle doppie: sono la certificazione definitiva di quanto si intende comprare con un biglietto, non più solo un evento sportivo seguito da bordo campo ma un’esperienza di cui si è protagonisti.
Ben consapevole di questo, perché quando la passione è il fuoco di una attività professionale le partite diventano infinite, non c’è sirena che le interrompe, e sono dappertutto, perché gli impianti sportivi sono come le edicole, la farmacia e il bar centrale, sono in ogni paese, Marco Bertelè, responsabile primo di Bertelè Electronics, sta presentando adesso al mercato una novità assoluta, che ha la genialità di ogni uovo di Colombo. Se lo sport è il network di cui abbiamo detto, i Led che sono naturalmente interconnessi tra loro sono un unico grande canale, solo difficile da riconoscere con un nome specifico perché non sono tv ma sono, ad esempio, social. In attesa di chiarimenti, possiamo definire questo canale come Sports Event channel, la caratteristica quella di avere un pubblico certo, perché presente, con cui si interagisce. Non solo. Lo Sports Event channel risolve, almeno in parte, quello che è il difetto della classica cartellonistica a bordo campo: troppa pubblicità locale riempie le casse delle società ma mortifica l’evento. Che invece grazie ai Led in rete tra loro può diventare global. O addirittura meglio: g-lobal. Sintesi dell’una e dell’altra parte. Con la possibilità, per esempio, per l’azienda di Cantù e della Brianza di farsi pubblicità sugli altri campi di basket dove la sua identità può essere prima e meglio riconosciuta.
L’ultimo passo è quello di mettere a sistema questa intuizione e così Marco Bertelè ha fatto nascere Easy Spot che non ha nemmeno bisogno di essere originale, perché lo è già il mezzo di comunicazione, e dunque può ricalcare i modelli di altre concessionarie, segnatamente quelle televisive. Gli spot, ovvero i passaggi led, sono vendiuti così a livello nazionale. E sono disponibili a livello nazionale anche i pochi spazi che rimangono invenduti che le aziende come Sipra, Mediaset, Sky mettono a disposizione anche del mondo no profit. Per lo sport sarebbe una vera rivoluzione: si può dare di più perché è dentro di noi, si può dare di più senza essere eroi. Non sono solo le parole della canzone diventata inno della Nazionale Cantanti, è il manifesto del nuovo direttore marketing della LBA, la Lega Basket di Serie A, Marco Aloi, che ha fatto esordire Easy spot in occasione della recente Final Eight giocata al Nelson Mandela Forum.
Luca Corsolini - Symbola