Il modello si focalizzava più sulla capacità di includere che su quella di rendere coesivi l'impresa e i territori.
La tolleranza, che assieme a talento e tecnologia costituiva una delle tre T della sua formula di sviluppo, si focalizzava sulla capacità di assorbire diversità più che sulla capacità di renderla stabile e coesa. La lezione offerta dalla Silicon Valley in questi anni ha messo in evidenza come l'inclusione e la tolleranza possono essere di grande utilità anche in assenza di coesione. Questo almeno fino a quando le imprese e i territori non subiscono un periodo di crisi. Proprio in questi mesi la vittoria politica di Biden ci ricorda che in momenti di difficoltà le politiche della coesione sono utili tanto quelle dell'inclusione.
Per riflettere sull'evoluzione dei consumi e degli stili di vita diverse imprese innovative hanno avviato un confronto serrato con il mondo dell'arte e della cultura per forzare punti di vista consolidati e aprirsi a mondi poco noti. In generale, la coesione che non si apre al cambiamento può diventare fattore regressivo.
Abbiamo bisogno di bilanciare in modo consapevole stabilità e integrazione con forme innovative di inclusione. La demografia del nostro paese così la nostra limitata capacità di attrarre capitali e talenti non giocano a nostro favore. Per questo il tema deve essere affrontato in modo esplicito, identificando una selezione di buone pratiche presenti nella piccola e nella grande impresa per arricchire e completare un ragionamento di grande attualità.