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C’è una nuova edilizia, già in marcia, dalla quale può venire una risposta importante al rilancio dell’economia interna, alle sfide dell’inquinamento e della messa in sicurezza antisismica. Si possono attirare capitali privati verso investimenti convenienti, ridurre i consumi energetici e i gas serra, abbattere l’inquinamento locale delle nostre città. Sono legati all’edilizia, infatti, circa un terzo dei consumi italiani di energia e, in molte città, oltre il 50% delle emissioni di polveri sottili (responsabili secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente di circa 66.000 morti anticipate). E si possono produrre nuovi posti di lavoro stabili e qualificati.
C’è un settore infatti che più di altri ha pagato la crisi globale: quello dell’edilizia, con un’emorragia di 600 mila posti di lavoro dal 2008. Ma il dato delle sofferenze non rende giustizia della parte più vitale e promettente, quella che ha come vocazione il miglioramento della qualità del costruito: il mercato delle ristrutturazioni.
Soprattutto oggi che il terremoto ci costringe a ricostruire molti centri abitati, da qui si deve ripartire per dare all’edilizia nuovo slancio e una nuova identità, incoraggiandone i fronti più innovativi e sostenibili. Soprattutto oggi che gli stili di vita dei cittadini hanno imboccato una nuova strada più sobria e responsabile, ristrutturare il patrimonio edilizio nazionale, vetusto e non di rado di bassa qualità, vuol dire andare incontro ai nuovi bisogni, migliorare la qualità della vita dei proprietari e degli inquilini, aumentare l’efficienza energetica, ridurre i consumi e tagliare l’inquinamento. Vuol dire abbattere il consumo di suolo, e dare una seconda occasione anche a periferie sfortunate. E, in tempi in cui il rendimento dei titoli di Stato è prossimo allo zero, vuol dire fare un investimento sicuro aumentando il valore del patrimonio.
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