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Nella storia recente le grandi discontinuità tecnologiche hanno avuto origine da fenomeni di convergenza: tra discipline del sapere, tecnologie, sistemi produttivi e stili di vita. Questi processi oggi vivono un’accelerazione e una portata (un’ampiezza di settori e ambiti interessati) finora sconosciuta. Il digitale, dopo una prima fase tumultuosa, rappresenta sicuramente un enzima che facilita e che stimola trasformazione, ibridazione, riconfigurazione delle filiere produttive: la produzione si fa digitale, i prodotti si fondono coi servizi, le tecnologie incorporano la dimensione umana, la genomica sposa i big data, le piattaforme digitali guardano al mondo della salute delle persone. I bit, insomma, incontrano gli atomi e rimescolano le carte. Facebook, proprietario del mass medium più popolare del mondo, non crea contenuti. Alibaba, il più grande venditore al dettaglio, non ha un inventario. E Airbnb, il più grande fornitore di strutture alberghiere, non ha alcun immobile di proprietà. Uber, la più grande compagnia di taxi al mondo, non possiede veicoli. Lo store digitale Amazon apre librerie ‘fisiche’, compra Whole Foods Market. Insomma il cambiamento è arrivato, e può essere, se colto, una grande opportunità. La narrazione dominante vuole che i big del digitale colonizzino i settori nei quali si affacciano. Ma la realtà racconta anche una storia diversa. La convergenza può arrivare da due direzioni. Può essere il digitale che ridefinisce e ri-gerarchizza le filiere fisiche, oppure un attore del mondo produttivo non digitale che fa proprio l’approccio digitale. Apple nasce come produttore di computer, poi ha sposato la convergenza vendendo musica con iTunes e l’iPod per ascoltarla: nel mondo della musica entrava un nuovo attore col quale le major e i consumatori avrebbero dovuto fare i conti. E oggi, nei fatti, è addirittura il più grande singolo fondo obbligazionario al mondo: convergenza. Anche altre imprese, per esempio Lego, hanno saputo cavalcare l’innovazione digitale senza perdere la propria anima e senza diventare una preda: Lego ha introiettato filosofia e tecnologie digitali e ha cambiato paradigma offrendo oltre ai prodotti anche servizi collegati, dai cartoons alle app ai videogames. Se, dunque, ‘convergenza’ è la parola d’ordine del futuro che ci aspetta, la partita di chi governerà questa convergenza nei diversi settori è aperta. E questo vale anche per il mondo farmaceutico: le imprese del farmaco in Italia hanno talenti ed energie per farcela, e sono già in campo. Quel che è certo è che questi processi di convergenza producono un innalzamento del livello qualitativo del sistema, con benefici per tutti gli attori coinvolti. C’è una caratteristica che differenzia la farmaceutica dagli altri settori: l’importanza della regolamentazione. Per questo il successo della transizione dipenderà anche da come le Istituzioni, senza intaccare le garanzie offerte – ad esempio in termini di sicurezza e qualità dei farmaci e di rispetto della privacy – sapranno accompagnare queste innovazioni.
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