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Il valore del territorio di fronte alle sfide della crisi: le prospettive dei distretti produttivi italiani
di Ferruccio Dardanello

Le informazioni e le testimonianze raccolte in occasione della scorsa edizione dell’Osservatorio dei Distretti Italiani, che l’Unioncamere promuove attivamente fin dal suo avvio, lasciavano intravedere nel 2011 l’inizio di una ripresa per l’economia distrettuale. L’anno ha rivelato, viceversa, l’alternarsi di brevi riprese e l’acuirsi di alcune criticità strutturali, in uno scenario caratterizzato da diffuse incertezze sull’evoluzione a breve di tutto il nostro sistema produttivo e, ancor più, da gravi incognite sullo scenario macroeconomico. Anche i miglioramenti tuttora segnalati da molti operatori distrettuali sul fronte del fatturato e, soprattutto, delle esportazioni non appaiono tali da assicurare un rapido recupero delle posizioni perse negli ultimi tre anni.
In questa nuova fase, la ricerca delle giuste combinazioni per affrontare le modificazioni dello scenario competitivo passa attraverso un modo diverso di generare valore da parte delle imprese e dei sistemi locali, e, al contempo, di elaborare linee di policy a sostegno dei territori. In questa ricerca di nuovi assetti, i distretti possono rappresentare un vero e proprio laboratorio, a partire dalle loro specificità e dalla loro capacità di reagire con modalità originali a una congiuntura discontinua. Molte imprese distrettuali hanno sostenuto e fatto proprio un nuovo modello di sviluppo centrato sulla “economia della qualità” e che trova i suoi punti di forza nei valori dell’ambiente, della sostenibilità sociale e della cultura produttiva del territorio. Con l’asticella della competizione sempre più in alto, hanno scommesso sull’innovazione. Quando il gioco si è fatto più duro, si sono impegnate ad aumentare l’efficienza, riorganizzandosi e muovendosi sempre più in rete. E qualcuna ha già dimostrato di farcela, nonostante abbia spesso dovuto anche fronteggiare alcuni svantaggi rispetto ai più agguerriti competitor stranieri: un gap sulle infrastrutture di comunicazione e sulle applicazioni digitali; costi e tempi della giustizia civile spesso incompatibili con l’attività d’impresa; un eccessivo peso fiscale e una macchina burocratica troppo lenta; un sistema scolastico che fatica a dialogare con un mondo del lavoro profondamente mutato e che non sempre riesce produrre le competenze che servono al mercato. Senza trascurare le crescenti difficoltà sul versante del credito: un canale che non può rimanere a lungo ristretto, poiché rischia di avere forti ripercussioni sui processi di investimento e di innovazione, indispensabili per sfruttare nuove nicchie di mercato. Questo rende, quindi, prioritaria la definizione di attente politiche di sostegno al credito e l’individuazione di strumenti di valutazione del merito creditizio che riescano a premiare quelle realtà imprenditoriali che vogliono rafforzarsi, anche attraverso l’inserimento in forme reticolari più articolate.

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